Regione Lombardia: tre donne in lizza per la Giunta

In pole l’ex ministra Locatelli, poi Bordonali e Brianza. Venerdì il vertice leghista in Bellerio. Mozione di sfiducia a Gallera in aula a dicembre

Alessandra Locatelli, Simona Bordonali e Francesca Brianza

Alessandra Locatelli, Simona Bordonali e Francesca Brianza

Milano, 17 novembre 2020 - Alessandra Locatelli, Francesca Brianza e Simona Bordonali: tre donne, tre leghiste, tre candidate ad entrare nella Giunta regionale una volta che sarà completato il tagliando di metà mandato o il rimpasto, che dir si voglia. Proprio quel rimpasto del quale si è inaspettamente tornati a parlare ieri in Consiglio regionale per effetto di una mozione urgente presentata dal Movimento 5 Stelle tra la sorpresa di molti consiglieri di maggioranza ma non proprio di tutti. Proprio quel rimpasto del quale si tornerà a parlare venerdì in casa Lega nel corso di un incontro plenario in via Bellerio al quale parteciperanno il segretario Matteo Salvini, il presidente della Regione, Attilio Fontana, gli assessori e i consiglieri regionali del Carroccio.

Con ordine, allora. Il nome che in queste ore viene scandito con più forza nei corridoi di Palazzo Lombardia è, come anticipato, quello di Alessandra Locatelli, comasca, 44 anni, già ministro della Famiglia nel Governo a doppia guida Lega-Movimento 5 Stelle e oggi deputata. È lei la prima indiziata per l’ingresso in Giunta. Come già riportato, il rimpasto di metà mandato, non si esaurirà con l’allontanamento di Giulio Gallera, assessore regionale al Welfare, ma con buona probabilità coinvolgerà anche le assessore leghiste Silvia Piani (Famiglia e Pari Opportunità) e Martina Cambiaghi (Sport e Giovani) oltre a Lara Magoni (Turismo e Moda) di Fratelli d’Italia. La Locatelli, stimata da Salvini, è data in pole per il subentro ad una delle tre, considerando che bisogna rispettare l’equilibrio di genere. 

Quindi altri due nomi caldi, anzi due nomi “di ritorno“: Simona Bordonali, bresciana, oggi deputata e già assessore regionale alla Sicurezza nella Giunta presieduta da Roberto Maroni, e Francesca Brianza, vicepresidente del Consiglio regionale anch’essa con un’esperienza da assessore, stavolta al Post Expo, sempre sotto il mandato di Maroni. Quanto all’assessorato al Welfare, Salvini vuole privilegiare, come detto, un tecnico, meglio se una personalità di spessore. Ma in queste ore c’è chi riferisce si stia prendendo in considerazione anche un altro scenario: al Welfare potrebbe finire Fabio Rolfi, oggi assessore regionale all’Agricoltura. A quel punto servirà trovare una compensazione per Forza Italia. Si vedrà. 

Certo è che di rimpasto si tonerà inevitabilmente a parlare venerdì in via Bellerio. A dirla tutta l’ordine del giorno del vertice leghista contempla la messa a punto di proposte per rilanciare l’azione e l’immagine della Regione Lombardia e della sua Giunta ma sarà anche un’occasione di confronto all’interno del Carroccio tra chi, come i consiglieri regionali, ritiene che serva un cambio di passo e un cambio nella squadra di governo della Regione, e chi, come il presidente Fontana, vuole invece evitare avvicendamenti tra assessori. Salvini a fare da arbitro, un ruolo, quest’ultimo, reso più complicato dalla necessità di trovare accordi con gli alleati: Forza Italia e Fratelli d’Italia. 

Interessante capire, allora, come si arriverà al primo dicembre, giorno in cui l’aula del Pirellone dovrà discutere una nuova mozione di sfiducia nei confronti di Giulio Gallera. Il rimpasto in casa Lega è previsto, secondo i beninformati, tra dicembre e gennaio, quindi la mozione potrebbe pure cadere nel vuoto. Ad averne obbligato la calendarizzazione è stato Massimo De Rosa, consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, che ieri ha presentato una mozione urgente proprio per chiedere la cacciata di Gallera. Una mozione piovuta a sorpresa quasi per tutti e di fronte alla quale la maggioranza di centrodestra ha deciso che si votasse solo per stabilirne l’urgenza. Se l’aula avesse votato a favore dell’urgenza della mozione , questa sarebbe stata discussa già ieri. Così, però, non è stato: i voti contrari alla discussione immediata sono stati 41 contro i 33 favorevoli. Tre i franchi tiratori all’interno della maggioranza di centrodestra, agevolati dal fatto che il voto è avvenuto a scrutinio segreto. Risultato: la mozione di sfiducia sarà discussa e votata dal Consiglio regionale solo il primo di dicembre. Un rinvio. «I consiglieri di maggioranza, tranne alcuni, segno che al loro interno esistono divisioni, hanno votato contro l’urgenza della mozione. Per loro l’emergenza Covid non rappresenta un’urgenza» commenta De Rosa.