L'azienda storica di Rho: "Noi, laboriosi come un’Apex"

Uberto Re, figlio del fondatore: mio padre scelse l’ape come simbolo e nome dell’azienda per l’operosità e la cura dell’alveare

Uberto Re con il nipote Diego e il fratello Giovanni

Uberto Re con il nipote Diego e il fratello Giovanni

Rho (Milano), 17 settembre 2016 - Il suo fondatore, Enrico Re, classe 1921, insieme al fratello Carlo inizio l’attività nel 1949 con il nome di Officine Meccaniche F.lli Re lavorando per marchi di primo piano come Piaggio e Mv Agusta. Era l’epoca del boom e della ricostruzione industriale e i due fratelli stampavano e producevano oggetti in acciaio e cucivano manualmente accessori per motociclisti. La svolta risale agli inizi degli anni Sessanta con l’invenzione della «pinza multiuso» realizzata in ferro plastificato che consentiva di bloccare qualsiasi tipo di panno. Un oggetto amato dalle casalinghe, che rendeva più facile il noioso mestiere delle pulizie domestiche e che in poco tempo ebbe un successo notevole. Un esempio di «made in Italy» che in poco tempo arrivò anche negli Usa, quello dell’Ape Casalinghi, azienda storica di Rho che ancora oggi, con un nome leggermente modificato – Apex – produce e distribuisce in tutto il mondo utensili e prodotti per la pulizia domestica e professionale.

«Mio papà scelse l’ape per la sua laboriosità nella cura dell’alveare, come nome e logo per l’azienda. Abbiamo mantenuto questo marchio fino al 1999 - racconta Uberto Re, 59 anni, figlio di Enrico - nel 2000 l’abbiamo sostituito con Apex, accanto al logo dell’ape. Il cambiamento si è imposto per rendere il marchio globale, adatto al mercato straniero, dato che esportiamo in ben 33 Paesi l’80% della produzione». Dopo la pinza sono arrivati moltissimi altri utensili, inizialmente venduti in negozi e piccoli supermercati, e poi nei grandi magazzini. «Nonostante mio papà non conoscesse l’inglese riuscì in poco tempo a conquistare i mercati esteri e mi ricordo che quando ho iniziato ad affiancarlo nel lavoro lui parlava milanese o italiano e io traducevo», continua Uberto.

L’azienda che oggi occupa una cinquantina di dipendenti, si trova sul Sempione, tre capannoni che ospitano il magazzino delle materie prime e dei semilavorati, quello dei prodotti finiti e l’edificio con gli uffici e gli impianti di produzione. All’ingresso, nel cortile, c’è un singolare monumento, «realizzato con le travi dei vecchi capannoni piegate dal fuoco, il 25 settembre 1978 infatti un grosso incendio distrusse completamente la fabbrica - racconta Uberto -. Fu un momento difficile per tutti, grazie alla tenacia e alla volontà di papà lo abbiamo superato. A ricordo di quell’evento ha voluto il monumento con le travi».

Con pinze, scope dai design colorati e divertenti, panni e spugne, Apex ha grande successo in tutti cinque i continenti. Uno dei prodotti più noti che sarà capitato a molte donne di avere tra le mani è Squizzo, il lava-tergipavimenti che consente di lavare il pavimento senza chinarsi e senza bagnarsi le mani, strizzando la spugna con una semplice azione del meccanismo a leva. Oggi in fabbrica il modo di progettare è cambiato, «mentre papà quando aveva un’idea prendeva il foglio e una matita e disegnava, anche se era domenica o un giorno di festa». I designer lavorano con pc e stampanti in 3D ma la qualità dei prodotti è sempre la stessa e la produzione è ancora tutta made in Italy. Negli uffici anche il fratello di Uberto, Giovanni, e la terza generazione, i nipoti Diego (37 anni) e Marco (36) che con la stessa laboriosità dell’ape scelta da nonno Enrico continuano una tradizione di famiglia.