Ucciso e murato a Senago: in sei verso il processo

Il corpo dell’albanese Astrit Lamaj trovato l’anno scorso a Villa degli Occhi: per l'accusa omicidio premeditato

L’ingresso della villa di Senago dove fu trovato il cadavere il 15 gennaio 2019

L’ingresso della villa di Senago dove fu trovato il cadavere il 15 gennaio 2019

Senago (Milano), 6 gennaio 2020 - La Procura di Monza chiede il rinvio a giudizio per l’omicidio dell’albanese murato 7 anni fa in un residence a Senago. E spunta l’accusa a Ignazio Marrone di avere "fatto sparire" l’auto della vittima. Dovranno presentarsi il 24 gennaio all’udienza preliminare davanti alla giudice monzese Cristina Di Censo i sei imputati a vario titolo di omicidio volontario premeditato, soppressione di cadavere, droga, armi, furto e riciclaggio, mentre per altri tre coimputati si procede con un altro autonomo procedimento penale. Al centro dell’inchiesta la morte di Astrit Lamaj, scomparso improvvisamente a 42 anni nel gennaio 2013 e rinvenuto il 15 gennaio 2019 dentro un antico pozzo artesiano del residence in ristrutturazione Villa degli Occhi a Senago

A fare luce sul brutale assassinio le parole di Carmelo Arlotta, pregiudicato siciliano trapiantato a Muggiò, che dal carcere ha deciso di collaborare con la giustizia, raccontando che l’albanese era stato attirato con la scusa di una compravendita di marijuana in un box di via Montegrappa a Muggiò, stordito con un colpo contundente e poi strangolato con un filo di nylon da Giuseppe Cammarata, già costretto al carcere duro per mafia. Secondo Arlotta, è stata Carmela Sciacchitano, 63 anni, siciliana residente a Genova, la mandante dell’assassinio di Lamaj, colpevole di avere interrotto la relazione sentimentale durata un anno con la donna e di essersene andato prelevando dalla casa della ex gioielli per 100 mila euro.

Carmelina, così la chiamavano gli amici, avrebbe chiesto l’autorizzazione dei reggenti mafiosi di Riesi, il suo paese d’origine in provincia di Caltanissetta, a reclutare i sicari siciliani per l’esecuzione. Tra i responsabili del presunto omicidio volontario premeditatore, per il pm Rosario Ferracane, anche Angelo Arlotta, fratello di Carmelo Arlotta e il loro cugino Francesco Serio, anche lui residente a Muggiò. Gli imputati sono accusati a vario titolo anche di soppressione di cadavere e di furto per essersi impossessati della Golf dell’albanese, portata dal titolare di un’autodemolizioni di Desio, Ignazio Marrone, lui imputato di riciclaggio per avere fatto sparire la vettura demolendola, dopo però avere smontato e rivenduto il motore dell’auto ad un ignaro cliente. Marrone è stato arrestato perchè ritenuto affiliato alla Locale di ‘ndrangheta di Desio, per cui avrebbe recuperato crediti e finanziato le famiglie dei boss finiti in carcere in seguito alle condanne nell’ambito dell’inchiesta Infinito. Marrone è stato poi condannato anche perchè la sua autodemolizioni è stata ritenuta base operativa per traffici di vetture rubate. Tutte le accuse vengono negate dagli imputati, ancora detenuti in carcere.