Cadavere murato a Senago, gli indagati: "Non abbiamo ucciso noi Lamaj"

Astrit Lamaj scomparve improvvisamente nel 2013. Ora gli indagati a confronto con il pentito-accusatore, pregiudicato siciliano trapiantato da anni a Muggiò

La macabra scoperta

La macabra scoperta

Senago (Milano), 29 agosto 2019 - Gli indagati per l’omicidio dell’albanese murato 6 anni fa sotto un residence a Senago mettono in dubbio le parole del pentito. Astrit Lamaj è scomparso improvvisamente a 42 anni da Genova nel gennaio 2013 e il suo corpo è stato ritrovato lo scorso gennaio dentro un antico pozzo artesiano in un residence in ristrutturazione in via XXIV Maggio a Senago sulla base delle dichiarazioni del collaboratore di Carmelo Arlotta, pregiudicato siciliano trapiantato da anni a Muggiò.

Sul brutale assassinio è ancora aperta l’inchiesta dei carabinieri, coordinati dal pm Rosario Ferracane, che ha portato a 8 indagati a vario titolo per omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere, di cui 4 arrestati. Recentemente la Corte di Cassazione ha annullato con rinvio al Tribunale del Riesame di Milano l’ordinanza che aveva confermato i gravi indizi di colpevolezza per Giuseppe Cammarata, già ristretto al carcere duro per mafia, ritenendo che «nessuno degli elementi indiziari appare idoneo a corroborare il narrato di Carmelo Arlotta sotto il profilo dell’individuazione della chiamata in correità effettuata nei confronti di Giuseppe Cammarata».

E ha ottenuto un confronto con il pentito, dopo essersi sottoposto a due interrogatori, un altro indagato, Francesco Serio, di Muggiò, cugino di Carmelo Arlotta e del fratello Angelo, anche lui residente a Muggiò. «Sono convinta che il pentito non dica la verità», sostiene l’avvocata Roberta Minotti, difensore di Francesco Serio.

Le indagini proseguono con gli accertamenti nel box di via Montegrappa a Muggiò dove, secondo il racconto di Carmelo Arlotta, l’albanese è stato attirato con la scusa di una compravendita di droga, stordito con un colpo contundente e poi strangolato con un filo di nylon. E nell’appartamento in via XXV Aprile in uso a Francesco Serio, dove il cadavere di Astrit Lamaj sarebbe stato nascosto in attesa di trasportarlo nel residence a Senago.

Secondo Carmelo Arlotta, fu Carmela Sciacchitano, 63 anni, siciliana residente a Genova, la mandante dell’assassinio di Astrit Lamaj, colpevole di avere interrotto la relazione sentimentale durata un anno con la donna e di essersene andato prelevando dalla casa della ex gioielli per 100mila euro. Il movente dell’omicidio sarebbe quindi la vendetta, ordita ed eseguita secondo i codici criminali del Sud a lei ben noti.

Carmelina, così la chiamavano gli amici, avrebbe prima chiesto l’autorizzazione dei reggenti mafiosi di Riesi, il suo paese d’origine in provincia di Caltanissetta, a reclutare i sicari siciliani per l’esecuzione. Poi la donna avrebbe chiesto di commettere l’omicidio prima a Carmelo Arlotta, che si sarebbe rifiutato, poi a Giuseppe Cammarata, che comunque avrebbe chiamato a collaborare lo stesso Arlotta, il fratello Angelo Arlotta e il cugino Francesco Serio. Anche se il pentito ha tentato in tutti i modi di lasciare fuori da questa brutta storia i parenti.