Cadavere murato a Senago, chiesta la scarcerazione per i 4 indagati

Ricorrono al Tribunale del Riesame i principali indiziati per l’omicidio

Carabinieri e vigili del fuoco al lavoro nel residence dove è stato ritrovato il cadavere di Astrit Lamaj

Carabinieri e vigili del fuoco al lavoro nel residence dove è stato ritrovato il cadavere di Astrit Lamaj

Senago (Milano), 30 marzo 2019 - Ricorrono al Tribunale del Riesame per ottenere la scarcerazione i quattro principali indiziati per l’omicidio dell’albanese murato 6 anni fa in un residence a Senago. Prima tra tutti a dichiararsi innocente è Carmela Sciacchitano, 63 anni, siciliana residente a Genova, ritenuta invece dalla Procura di Monza la mandante dell’assassinio di Astrit Lamaj, scomparso improvvisamente a 42 anni nel gennaio 2013. Secondo gli inquirenti è stata lei, dopo avere chiesto l’autorizzazione dei reggenti mafiosi di Riesi, il suo paese d’origine in provincia di Caltanissetta, a reclutare i sicari siciliani che hanno attirato a Muggiò l’albanese con la scusa di una compravendita di droga e invece l’hanno ammazzato.

La colpa del 42enne era quella di avere interrotto la relazione sentimentale durata un anno con la Sciacchitano. E di essersene andato prelevando dalla casa della donna gioielli per 100mila euro. Del furto poco interessa alla donna. «Per lei 100mila euro niente sono... i soldi ce li ha... vive in una casa da 450mila euro...», commentano i compaesani che la conoscono bene. Il movente dell’omicidio è la vendetta, ordita ed eseguita secondo i codici criminali del Sud a lei ben noti. E con cui si identifica. Tanto che era stata rimproverata e costretta a togliere dal profilo Facebook la foto di Rosy Abate, la protagonista della fiction (a cui Carmelina si paragonava) nata in una famiglia mafiosa di Palermo, di cui era diventata capo dopo la morte dei fratelli. A presentare ricorso ai giudici anche Giuseppe Cammarata (l’uomo a cui Carmelina ha chiesto di eliminare l’ex), detenuto, come suo padre, al carcere duro per reati di mafia. Prima che a Cammarata, la Sciacchitano l’aveva chiesto a Carmelo Arlotta, pregiudicato siciliano trapiantato da anni a Muggiò, la persona che ha puntato un faro sulla morte dell’albanese quando ha deciso di collaborare con la giustizia.

Lui si era rifiutato di obbedire a Carmelina, ma poi sarebbe stato chiamato ad aiutare Cammarata insieme al fratello Angelo Arlotta e al cugino Francesco Serio anche loro di Muggiò, coindagati per omicidio volontario premeditato e occultamento di cadavere. Il pentito Carmelo Arlotta ha tentato in tutti i modi di lasciare fuori da questa brutta storia i parenti, ma i carabinieri hanno ricostruito che sono stati Angelo e Francesco ad attirare dalla Liguria a Muggiò Astrit Lamaj facendogli credere che volevano comprare droga. «La cammisa uno non se la cambia mai caro Angelo... ricordati solo questo», commenta Serio parlando con Arlotta al telefono, quando scoprono che Carmelo se l’è cantata.