Rho, l'appello: "Una petizione per salvare la Terapia intensiva neonatale"

Sono 5.800 le firme raccolte in due giorni per impedire la chiusura del reparto dell'ospedale. La Regione taglierà 19 di questi centri

Investiti alcuni milioni per le sale parto dell'ospedale

Investiti alcuni milioni per le sale parto dell'ospedale

Rho (Milano), 21 ottobre 2019 - La causa è nobile: impedire la chiusura del reparto di Terapia intensiva neonatale dell’ospedale di Rho. L’obiettivo è ambizioso: 7.500 firme. Ma la partenza fa ben sperare, in soli due giorni ne sono state raccolte 5.800 e il numero aumenta di ora in ora. La petizione è stata lanciata sulla piattaforma change.org all’indomani della notizia che Regione Lombardia intende avviare una riorganizzazione della rete materno neonatale con riduzione dei centri di Terapia intensiva neonatale. A decidere quale delle 19 Terapie intensive presenti in Lombardia debba chiudere è un Comitato tecnico regionale che sta facendo delle valutazioni. Per il momento non c’è ancora nulla di deciso. Ma il territorio non vuole perdere una delle eccellenze sanitarie dove ogni anno si fanno veri e propri miracoli con neonati prematuri o problemi respiratori.

«A ciò si aggiunge la prossima realizzazione di un nuovo grande ospedale privato convenzionato alle porte di Rho, nell’area di Mind, che potrebbe indebolire l’attrattività dell’ospedale di Rho e diminuirne il volume di prestazioni», spiegano i promotori della sottoscrizione. Da qui l’idea di lanciare la raccolta firme. «Siamo contrari alla chiusura del reparto – recita il testo della petizione che sarebbe in contraddizione con il proposito più volte espresso dalla Asst Rhodense di fare del Reparto materno-infantile dell’ospedale di Rho un punto di riferimento per l’intero territorio del Nord-Ovest Milano e un punto di forza dell’ospedale stesso, per il quale sono stati recentemente investiti alcuni milioni per la realizzazione delle nuove sale parto. Per questi motivi i sottoscritti cittadini, firmatari di questo appello, chiedono a Regione Lombardia di tenere aperta la Tin dell’ospedale rhodense e proseguire la politica di investimenti sull’ospedale per un suo pronto ed efficace rilancio».

Sulla piattaforma change. org in questi due giorni oltre alle migliaia di firme nella sezione “Ragioni per firmare” sono stati pubblicati i commenti di tantissime mamme che testimoniano la professionalità del lavoro svolto dal reparto. «Il mio terzo figlio è qui, mi sorride, mi parla, gioca. Va in prima elementare. Solo grazie a questo reparto. Grazie ai favolosi professionisti che ci lavorano». E ancora: «È un reparto validissimo, 30 anni fa hanno salvato mio figlio». 

Sulla questione nei giorni scorsi la consigliera regionale Elisabetta Strada (Lombardi civici europeisti) ha depositato in Regione un’interrogazione con risposta scritta indirizzata al presidente Attilio Fontana e all’assessore competente per chiedere che il reparto che non venga chiuso. Il vicepresidente del consiglio regionale Carlo Borghetti ha invece chiesto informazioni all’assessore regionale alla Sanità Giulio Gallera sul piano di riduzione che Regione intende attuare sottolineando l’importanza di un reparto che è un fiore all’occhiello per il territorio. Infine anche la maggioranza del Consiglio comunale ha presentato una mozione per chiedere all’amministrazione di attivarsi presso l’Asst Rhodense e la Regione affinché la Terapia intensiva neonatale non venga chiusa. 

Nel frattempo anche nel Sud Milano è partita una mobilitazione, questa volta politica, per salvare un presidio sanitario molto apprezzato dagli utenti: l’ambulatorio dell’Asst di via Cavour a Melegnano, ospitato nei locali della casa di riposo Castellini. L’accordo stipulato due anni fa tra Asst e Regione per tenerlo aperto è in scadenza e al momento non si intravvedono novità positive. Così, dopo l’appello con petizione lanciato dal centrodestra locale, a muoversi è ora il Movimento 5 Stelle che sul tema ha presentato un’interrogazione all’assessore regionale Gallera: «Chiediamo lumi sul futuro del presidio per evitarne la chiusura».