Garbagnate, promoter uccisa. Psicologo: "La perizia psichiatrica su Clericò è necessaria"

Alessandro Meluzzi: "Una personalità molto disturbata. È necessaria una perizia che accerti sia la capacità d’intendere e volere sia quella di stare in giudizio"

Vito Clericò accusato dell'omicidio della promoter di Castellanza, Marilena Re

Vito Clericò accusato dell'omicidio della promoter di Castellanza, Marilena Re

Garbaggnate (Milano), 14 febbraio 2018 - Una personalità molto disturbata. È necessaria una perizia che accerti sia la capacità d’intendere e volere sia quella di stare in giudizio. Lo psicologo Alessandro Meluzzi ha consegnato la sua consulenza agli avvocati Daniela D’Emilio e Franco Rovetto, difensori di Vito Clericò. Il pensionato sessantacinquenne di Garbagnate Milanese è in carcere dall’11 settembre per l’omicidio di Marilena Re, promoter di Castellanza, e l’occultamento del suo cadavere.

Secondo Meluzzi, è anche opportuno il suo trasferimento in un centro medico collegato al ministero della Giustizia, come potrebbe essere l’ospedale San Paolo di Milano, dove esiste un reparto di psichiatria. Il consulente della difesa sottolinea il grave deperimento dell’uomo, che oggi pesa soltanto 46 chili dopo averne perduti tredici. È diabetico. Assume farmaci per curare l’epilessia. Da quando è entrato in carcere ha fornito otto racconti su quanto avvenne il 30 luglio, quando uccise, decapitò e sotterrò nel proprio orto, in via Volta, la promoter, ex vicina di casa.

L’ottava versione risale al 19 dicembre, nell’interrogatorio con il sostituto procuratore di Busto Arsizio, Rosaria Stagnaro. «Di notte - ha raccontato - avevo sognato che Marilena minacciava di soffocarmi se avessi parlato. Così, il mattino dopo, sono andato da lei». Davanti al pm ha ceduto al pianto quando ha parlato di Marilena come di una “persona buona”. Si è così assunto l’intera responsabilità dell’omicidio, scagionando la moglie Alba De Rosa.

Ha fatto tutto da solo, ha portato Marilena nell’orto e l’ha colpita con un tubo di ferro. Ha precisato che il movente non erano i soldi (circa 80mila euro) che doveva restituire alla promoter, ma ragioni di tutt’altra natura, più personali. Secondo la procura, il delitto sarebbe stato invece compiuto all’interno dell’abitazione della donna.