Novate, assalto all'officina: l'ombra della spedizione punitiva

Accanto all’ipotesi della rapina prende sempre più forza un'altra pista

I carabinieri davanti all'officina

I carabinieri davanti all'officina

Novate Milanese (Milano), 14 marzo 2018 - Ci sono le immagini delle telecamere, le testimonianze dei dipendenti e quella del gestore al vaglio dei carabinieri della Compagnia di Rho che indagano sul quanto accaduto lunedì mattina nell’officina "New Car srl" di Novate Milanese. Ma ci sono anche le parentele e frequentazioni del gestore dell’officina, Massimiliano T. 42 anni, fratello di Sergio T. arrestato per spaccio di droga lo scorso anno, nel quartiere Comasina di Milano, dove vive.

Con il passare delle ore accanto all’ipotesi di una violenta rapina si fa strada anche quella del regolamento di conti o di un avvertimento nei confronti del 42enne, pestato a sangue da otto malviventi con il volto coperto da passamontagna e armati di pistole e fucile. Una famiglia importante quella di Massimiliano e Sergio, legata ai clan della droga. L’officina di via Boito in passato è finita nel mirino degli inquirenti perché considerata "luogo d’incontro" dei clan che gestiscono il traffico di droga e armi nascondendo la merce nel doppio fondo di auto sportive.

Lunedì mattina intorno alle 11.30 i malviventi hanno picchiato il gestore, calci e pugni, gli hanno rubato il borsello all’interno del quale c’erano soldi (pochi), le chiavi della macchina e altri oggetti personali. Lo hanno fatto dopo aver costretto i cinque dipendenti a mettersi a terra, zitti, in un angolo del capannone. Forse non cercavano niente o forse quello che cercavano non era lì. Poi sono scappati indisturbati, all’esterno probabilmente c’erano dei complici in auto ad attenderli. Dalla via Boito a via Polveriera, da qui verso Milano o le tangenziali. Ieri mattina l’attività nell’officina è ripresa regolarmente. Il cancello d’ingresso e la porta sono aperti, come sempre, si può entrare indisturbati.

"Passata la paura?", chiediamo ad uno dei dipendenti che si dimostra subito poco collaborativo, fa un cenno con la testa e poi rientra nel capannone dicendo, "avete già scritto tutto, non abbiamo niente da dire". Il gestore non c’è, almeno così dicono, accompagnato all’ospedale Niguarda in codice giallo per i traumi riportati è stato dimesso poche ore dopo ed è stato ascoltato dai carabinieri. Nei capannoni accanto all’officina è difficile trovare qualcuno che parli, il via via di operai con gli occhi a mandorla rende impossibile raccogliere qualche testimonianza.