Milanese ostaggio in Mauritania: da 8 mesi in carcere senza perché

Un addetto alla sicurezza di Cornaredo, ha perso venti chili e non ha alcuna cura di ENRICO FOVANNA

Cristian Provvisionato, prima e dopo l'immotivata detenzione in Mauritania che perdura

Cristian Provvisionato, prima e dopo l'immotivata detenzione in Mauritania che perdura

Cornaredo, 15 aprile 2016 - Venti chili in meno, dopo otto mesi in cella, mangiando solo riso e bevendo acqua. Tanto che la madre, arrivata dall’Italia, non l’ha riconosciuto. Ha i contorni del giallo la detenzione di un italiano in Mauritania, trattenuto in piena violazione delle normative internazionali, senza aver ricevuto alcuna accusa formale, senza la notifica di alcun capo di imputazione, senza mai comparire davanti a una corte e senza un avvocato che lo assistesse negli interrogatori. Un nuovo, pesante pasticcio diplomatico per la Farnesina. Protagonista un 42enne di Cornaredo, Cristian Provvisionato, in ostaggio del governo mauritano dall’1 settembre 2015. L’uomo, spiega la madre Doina Coma, traduttrice per il Tribunale, è stato arrestato nella capitale Nouakchott, dove era stato inviato due settimane prima da una ditta milanese.  L'accusa, mai formalizzata, sarebbe quella di truffa ai danni della sicurezza del governo locale, ma anche le autorità, dopo aver ascoltato più volte l’uomo con l’aiuto di un interprete, si sarebbero convinte della sua innocenza, come spiegano anche i suoi avvocati, i milanesi Vinicio Nardo e Giovanni Pasceri, decisi a riportarlo a casa. «Eppure mio figlio resta ancora prigioniero – spiega sconfortata la madre Doina – Perché? L’impressione è che ci sia un contrasto tra la ditta e il governo locale, che impedisca la liberazione». La donna è riuscita a incontrare il figlio il 21 febbraio per un’ora, e il 22 per tre quarti d’ora: «L’ho riconosciuto solo quando si è alzato in piedi ed è venuto verso di me. Era un fuscello. Per otto mesi ha mangiato solo amidi e non ha avuto l’insulina, lui che è diabetico. Temo per la sua salute, ma ho cercato di dargli coraggio». Cristian era stato inviato in Africa per una permanenza breve, sette, dieci giorni al massimo, in cui avrebbe dovuto tenere solo una presentazione del prodotto. «Sanno bene che non è colpevole – insiste la madre - non è stato aperto alcun dossier su di lui. Ma è recluso in piena violazione dei diritti umani, non può nemmeno telefonare. Prima che giudiziaria, questa è una questione umanitaria». La Farnesina intanto ha intensificato i contatti con l’ambasciata italiana a Rabat (il Marocco fa le veci della rappresentanza diplomatica con la Mauritania). Già a ottobre il console aveva effettuato una prima missione nell’accademia di polizia dove si trova il prigioniero, per accertarne le condizioni di salute. A gennaio anche l’ambasciatore Natali gli aveva fatto visita, apprendendo però che la detenzione potrebbe essere lunga. L’11 marzo il governo italiano ha convocato l’ambasciatore della repubblica islamica a Roma, secondo il quale il processo invece potrebbe svolgersi presto. Ipotesi bizzarra, in assenza di notifiche di accusa.

L’impressione è che si sia verificato un vero e proprio scambio di ostaggi, di cui abbia fatto le spese l’inconsapevole 42enne di Cornaredo. Ma gli avvocati milanesi sono decisi a non mollare e a individuare i responsabili che avrebbero messo Provvisionato nei guai, avviando un procedimento penale in Italia. Nei prossimi giorni, una nuova missione diplomatica tenterà di porre fine all’incubo. enrico.fovanna@ilgiorno.net