Garbagnate, promoter uccisa: "Clericò uccise per un raptus"

La difesa dell'uomo accusato di omicidio ricorre contro l’ergastolo

Vito Clericò è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Marilena Rosa Re

Vito Clericò è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio di Marilena Rosa Re

Garbagnate Milanese (Milano), 14 maggio 2019 - L'omicidio di Marilena Rosa Re, promoter 58enne di Castellanza uccisa il 30 luglio 2017, non fu "un progetto criminoso, premeditato, ben studiato nei dettagli come sostenuto dalla Procura". Fu un "delitto d’impeto" scaturito dalle presunte richieste della vittima nei confronti dell’omicida Vito Clericò di lasciare la moglie Alba De Rosa e iniziare una nuova vita insieme a lei. Perché, "è acclarato che i due da tempo avessero rapporti più che confidenziali e che quel giorno i due si erano dati appuntamento per discuterne, come probabilmente fatto tante altre volte all’interno dell’orto, e non solo".

Dunque il movente scatenante il raptus non fu quello economico come sostenuto dal pm Patrizia Stagnaro, ovvero la somma di 80.000 euro che Clericò doveva restituire alla vittima, ma sentimentale. È quanto sostengono Daniela D’Emilio e Franco Rovetto, avvocati difensori di Vito Clericò, nel ricorso in appello contro la sentenza del 24 gennaio scorso del gup Alessandra Simion che ha condannato il pensionato garbagnatese all’ergastolo per omicidio volontario aggravato dalla premeditazione, occultamento e vilipendio di cadavere, sevizie e crudeltà. Nel ricorso, depositato nei giorni scorsi, i legali di Clericò, detenuto nel carcere di Busto Arsizio dall’11 settembre 2017, giorno in cui è stato arrestato, chiedono anche che venga fatta una nuova perizia psichiatrica sul loro assistito per accertare "oltre che l’assoluta incapacità o la diminuta incapacità di intendere e di volere al momento del fatto - si legge nel documento - anche che l’imputato affetto da epilessia, possa o meno compiere comportamenti autodistruttivi".

Nelle 16 pagine dell’atto di impugnazione, gli avvocati ricostruiscono quanto è accaduto il giorno dell’omicidio, le motivazioni di quel gesto e “smontano” la tesi della premeditazione. Sottolineano, infine, che nella vicenda sono rimasti diversi punti oscuri che meritano un approfondimento di indagine: ad esempio l’arma contundente utilizzata per compiere l’omicidio non è mai stata trovata, quindi non è stato stabilito se l’arma era un arnese presente nell’orto e afferrato da Clericò nel momento del raptus o un’arma che l’omicida si era procurato prima di incontrare Marilena con l’intenzione di uccidere. I difensori del pensionato chiedono la riduzione della pena "per vizio parziale di mente per infermità al momento del fatto" o in alternativa che non vengano applicate le aggravanti contestate della premeditazione e della crudeltà e concesse le circostanze attenuanti al fine di ridurre la pena inflitta in primo grado.