Coronavirus, il militare crocerossino di Cornaredo: "Questa guerra si vince"

Dalla zona rossa di Codogno al focolaio di Bresso, ogni giorno in ambulanza Il toccante racconto di Brian Barlocchi, soldato 23enne di Cornaredo

Brian Barlocchi a fine turno con ancora addosso la tuta di sicurezza

Brian Barlocchi a fine turno con ancora addosso la tuta di sicurezza

Cornaredo (Milano), 28 marzo 2020 - Dalla zona rossa di Codogno a Milano e provincia, "ci siamo ritrovati catapultati in un incubo e anche se sono stato addestrato e formato come Militare alla Difesa Civile, non mi sarei mai immaginato uno scenario del genere". 

E’ la testimonianza di Brian Barlocchi, 23 anni, di Cornaredo, militare della Croce Rossa Italiana. Da un mese è in prima linea insieme ai colleghi della Cri sulle ambulanze del 112 che trasportano malati Covid-19 e pazienti sospetti, "facciamo turni da 8 ore con una media di 5-6 trasporti, passiamo la giornata a mettere e togliere le tute di protezione, ogni volta che finisci di allacciare e indossare la maschera pensi “speriamo che anche oggi torno a casa” - spiega il cornaredese - penso anche che ho solo 23 anni, che forse dovrei stare a casa e invece mi trovo a fronteggiare un nemico invisibile, insidioso e mortale. Ogni volta che sentiamo di colleghi morti, intubati o con sintomi, la paura ti afferra. Ma poi pensi, cosa faccio? Mi tiro indietro? Assolutamente no, perché noi questo mestiere ce lo siamo scelti. Perché io ho scelto di servire il mio Paese stando in mezzo a una strada".

Una vita giovane quella di Brian stravolta dall’emergenza sanitaria ma anche da una rinnovata voglia di esserci, "ho iniziato i servizi nel focolaio di Bresso, all’inizio avevamo poche informazioni, frammentarie e confuse, come in ogni situazione di emergenza, avevamo paura ma nessuno ha mai lontanamente pensato di abbandonare il proprio posto, adesso dopo quattro settimane quello che sento maggiormente è lo stress psicologico".

Tute protettive usa e getta, mascherine contingentate in attesa di nuove forniture, due operatori su ogni ambulanza, l’autista e il capo equipaggio, giorno e notte, "non è facile entrare in casa della gente, vedere giovani padri di famiglia con sintomi importanti e che sai già che è Covid19 e poi caricarli sulla barella e portarli via sotto gli occhi di figli, magari piccoli, che guardano e non capiscono - racconta il militare - non è neppure facile spiegare agli anziani con sintomi che è meglio che stiano a casa perchè è molto rischioso andare in ospedale. Oppure spiegare ad un’ intera famiglia che deve contattare l’Ats e mettersi in quarantena. Tu rassicuri tutti, cerchi di mantenere la calma dietro a una maschera con occhiali freddi, cerchi di dare coraggio a queste persone". Giorno dopo giorno cresce la consapevolezza della gravità dell’emergenza, anche la fatica e lo stress, ma Brian come migliaia di altri operatori della Cri ci sono, "continueremo ad esserci finché questa guerra non la vinceremo, lo dobbiamo fare anche per quei colleghi che sono morti mentre svolgevano il loro lavoro".