Bollate, in carcere un polo per i rifiuti elettronici

Detenuti al lavoro nell’impianto

Saranno recuperate fino a tremila tonnellate di rifiuti elettronici

Saranno recuperate fino a tremila tonnellate di rifiuti elettronici

Bollate (Milano), 6 luglio 2019 - Il concetto di recupero con un doppio significato, ambientale e sociale. Nel primo caso perché vengono recuperate ogni anno fino a 3.000 tonnellate di rifiuti elettronici, nel secondo caso perché si recuperano persone, cioè si dà un’opportunità lavorativa ai detenuti. È questo l’impianto di trattamento dei rifiuti elettrici ed elettronici realizzato all’interno del carcere di Bollate, con un finanziamento di 2 milioni di euro di Regione Lombardia, e gestito dalla società LaboRaee del Gruppo A2a. In funzione dall’aprile 2018, oggi impiega cinque detenuti ma a pieno regime i lavoratori-detenuti saranno 10-15. La struttura occupa una superficie di circa 3.000 metri quadrati, è dotata di un impianto fotovoltaico per l’autoproduzione di energia green. Dopo un anno di sperimentazione ieri mattina è stato presentato ufficialmente: "Si tratta di un progetto virtuoso che unisce l’attenzione all’ambiente e al terzo settore, dimostrando come una proficua collaborazione tra pubblico e privato possa approdare all’inclusione sociale in un’ottica di vera sostenibilità", dichiara Cosima Buccoliero, direttore aggiunto della casa di reclusione. Anche Pietro Buffa, nuovo direttore del Provveditorato per la Regione Lombardia dell’amministrazione penitenziaria, ha sottolineato la bontà del progetto, mentre l’assessore a Mobilità e Ambiente del Comune di Milano, Marco Granelli, ha evidenziato l’impegno del carcere nella raccolta differenziata.

Il trattamento dei rifiuti viene effettuato su due linee di smontaggio, la prima dedicata a tv, monitor e grandi elettrodomestici come lavatrici e lavastoviglie, l’altra per i piccoli prodotti come telefoni cellulari, personal computer e periferiche, apparecchiature audio e video, utensili e giocattoli elettrici. I detenuti smontano i rifiuti e vengono recuperati metalli ferrosi e non ferrosi (rame, ottone, bronzo, stagno), componenti informatiche come schede elettroniche, hard disk, processori e alimentatori. "Questo impianto rappresenta un esempio di inclusione e un’opportunità di sviluppo professionale per le persone coinvolte nel progetto: per questa ragione la componente umana del lavoro vuole essere valorizzata rispetto all’automazione del processo", ha dichiarato Valerio Camerano, amministratore delegato del Gruppo A2a. "Il recupero della materia, ma ancor di più il recupero delle persone. A partire dall’ottica dell’economia circolare si realizza un progetto che ha come fondamento la valorizzazione dell’uomo, che non è più guardato come scarto, ma come un soggetto che mette in gioco la sua umanità - commenta Raffaele Cattaneo, assessore regionale all’Ambiente -. Auspico che questa idea possa ampliarsi ad altri territori e istituti della Regione, al fine di valorizzare le buone pratiche che qui si stanno sperimentando in tema di recupero e riuso delle materie". Altri partner del progetto sono Eni e Ecodom.