REGIONE e Comune saranno parte civile al processo per i morti d’amianto alla ex Alfa Romeo che si apre oggi con l’udienza preliminare davanti al giudice Simone Luerti. Il pm Maurizio Ascione ha chiesto il rinvio a giudizio per l’ex ad di Fiat, Paolo Cantarella e altri sei indagati, tutti ex manager, per 21 decessi legati all’esposizione all’amianto negli anni ’80 e ’90 negli stabilimenti di Arese. L’accusa è di omicidio colposo. Cantarella risponde come ex presidente di Alfa Lancia spa e Lancia Industriale nel 1991 e ad Fiat Auto (1991-1996). Gli altri: Corrado Innocenti (ex ad Alfa), Piero Fusaro (ex presidente ed ex ad Lancia Industriale spa), Luigi Francione (ex presidente Lancia spa), Giorgio Garuzzo (ex presidente Fiat Auto spa), Vincenzo Moro (ex ad Alfa Romeo), Giovanni Battista Razelli (ex ad Lancia Industriale spa).

Arese (Milano), 31 marzo 2014 - Per 27 anni, dal 1972 al 1999, Santo ha lavorato come saldatore. Nel suo reparto, fino agli anni Ottanta, non c’erano le cappe d’aspirazione e poi, quando furono installate, «erano insufficienti e inadeguate». E così i «fumi della saldatura» finivano nei polmoni degli operai. In quegli anni si utilizzavano fogli d’amianto a protezione della lamiera vicino al punto di saldatura del motore. Con lui c’erano Umberto, Alcide, Antonio, Rosario.

Trentatrè i casi di operai finiti nelle indagini a partire dal 2008. Ventuno le morti accertate per malattie e tumori polmonari «di sospetta origine professionale» per i quali il pm Maurizio Ascione e il procuratore aggiunto Nicola Cerrato hanno chiesto lo scorso dicembre il rinvio a giudizio di Paolo Cantarella e altri sei ex manager di Fiat.

Migliaia di pagine. Quattro fascicoli dove ci sono le storie di «esposizione professionale» degli operai morti. Cartelle cliniche. Certificati medici. La documentazione dell’ex Ussl 68 e dell’Asl Milano 1 sull’uso dell’amianto nello stabilimento.

La documentazione della Fiat comprovante l’uso dell’amianto nella produzione delle auto e della sua presenza nelle strutture edilizie dei capannoni. Le testimonianze dei lavoratori. Esposti e denunce dei sindacati. «Delle morti per amianto all’Alfa Romeo di Arese si parla da anni, c’è voluto il pm Ascione per chiedere il rinvio a giudizio dei responsabili di queste morti», commentano oggi alcuni delegati sindacali.

Eppure il problema era noto da tempo, non solo sotto il Biscione aresino. Il primo articolo sul nostro quotidiano su questo problema è datato 19 aprile 1989. In quelle settimane, dopo le proteste dei sindacati, una decina di operai del settore abbigliamento furono sottoposti a visite mediche e analisi.

I risultati furono preoccupati: nelle vie respiratorie e nei polmoni di due operai su dieci furono trovate tracce d’amianto. I sindacati chiesero alla Fiat di sottoporre tutti gli operai ai controlli, ma non avvenne. L’azienda però, dopo le ispezioni dell’Asl e le successive prescrizioni, si impegnò a rimuovere l’amianto presente nelle lavorazioni.

C’è un racconto dettagliato di quei mesi, scritto con la macchina da scrivere da Vincenzo Lilliù, 65 anni, ex operaio Alfa Romeo e rappresentante di Democrazia Proletaria. «Quando abbiamo iniziato a parlare in fabbrica della pericolosità dell’amianto i nostri capi ci prendevano in giro. Ci lavoriamo da trent’anni con l’amianto, non è mai morto nessuno, mi rispose un giorno uno di loro. Ma le relazioni dei medici del lavoro sulle prime analisi erano allarmanti, si diceva la Fiat aveva avviato alcune lavorazioni senza le dovute precauzioni per gli operai», spiega l’ex operaio. Ora tutti chiedono giustizia. E vogliono che siano accertate le responsabilità.

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