Bollate, 28 agosto 2013 - Saranno anche comode le celle di Bollate. Sarà pure un carcere-modello. Non abbastanza, però, da considerarlo casa propria. Tantomeno da eleggerlo a residenza abituale. Pensate la sorpresa del detenuto W.B. quando il Comune di Monvalle, in provincia di Varese, gli ha inviato la richiesta di pagamento dell’Imu seconda casa per le due abitazioni di cui è co-proprietario lontano dalle sbarre.

Il motivo? Semplice quanto paradossale: per la sezione Tributi del paesino di circa duemila abitanti con vista sul Lago Maggiore, l’abitazione principale del signor B. è appunto in via Cristina di Belgioioso n. 120, l’indirizzo del penitenziario alle porte di Milano. Avete capito bene. Ovviamente, il destinatario della bizzarra missiva non si è dato per vinto. E si è subito rivolto al centro dell’istituto che si occupa di raccogliere le istanze dei carcerati e girarle all’ufficio del Garante regionale dei diritti dei detenuti, Donato Giordano. Così al Pirellone hanno preso carta e penna e hanno scritto una lettera all’ente locale per chiedere spiegazioni. Al centro della contesa, di natura squisitamente burocratica, l’interpretazione del secondo comma dell’articolo 13 del decreto legislativo 201 del 2011, secondo il quale le agevolazioni per l’abitazione principale vengono riconosciute sull’unità abitativa «a condizione che il soggetto passivo abbia in quell’unità abitativa la propria residenza anagrafica e vi dimori abitualmente».

Vale per tutti, sostengono in via Filzi, non per il signor B., «in quanto ristretto presso una casa di reclusione». Quindi, «questo fatto materiale fa sì che i concetti di residenza anagrafica e dimora abituale siano diversi per un detenuto, in quanto la sua residenza anagrafica è coattivamente presso il carcere e non può considerarsi dimora abituale». Anche perché W. non vanta un diritto reale sulla sua cella, come previsto proprio dall’articolo 13 del provvedimento normativo sull’imposta municipale unica: «Ha per presupposto il possesso di immobili». Inoltre, il Garante si appella a un precedente, quello che riguarda la condizione di anziani e disabili costretti a trasferire la residenza «in istituti sanitari a seguito di ricovero permanente»: per loro, la legge prevede che venga considerata ancora abitazione principale «l’unità immobiliare posseduta a titolo di proprietà o di usufrutto», a condizione che la stessa risulta non affittata.

Come dire: «La condizione di detenuto è fattispecie analoga a questa — chiosano dalla Regione — in quanto entrambi i soggetti sono dimoranti altrove rispetto alla loro principale». E il Comune di Monvalle? Per ora non ha risposto, complici anche le vacanze estive: la mail è stata mandata lo scorso 1 agosto. «Speriamo che nei prossimi giorni si facciano sentire», auspica Giordano. Qualunque sia la replica, il Garante lombardo dei detenuti solleverà la questione giuridica con il Ministero dell’Economia e delle Finanze «per segnalare il fatto anomalo e soprattutto perché venga data un’interpretazione estensiva dell’articolo 13». In modo che una simile richiesta resti un’eccezione. Per ora lo è, almeno a giudicare dallo stupore di Grazia Mandelli, direttrice della casa circondariale di San Vittore: «È la prima volta che ne sento parlare in tanti anni — sorride amara — mi sembra davvero incredibile». In effetti, è così. Specie per W.B.

di Nicola Palma