di Roberta Rampini

Rho, 22 maggio 2013 - Questa volta c’è stata prima la beffa e poi il danno. La beffa: la Fiat che probabilmente non ha gradito il vincolo posto dal ministero dei Beni culturali sul museo, l’archivio storico, il centro di documentazione, nel febbraio 2011 ha chiuso il museo. Il danno: ora rinuncia anche al progetto di ristrutturazione dello stesso museo, alla realizzazione di un sito con albergo tematico, officine dedicate alla manutenzione delle auto storiche e chiede al Comune la restituzione degli oneri di urbanizzazione versati nel 2008, pari a 1.8 milioni. Una richiesta che metterebbe in difficoltà qualsiasi ente locale, soprattutto in tempi di tagli dei trasferimenti e vincoli del Patto di stabilità da rispettare, su cui sono stati avviati tavoli di trattativa ma non è ancora stato trovato un accordo.

La vicenda risale al 2007 quando al governo della città c’era la Giunta di centrodestra. La Fiat per celebrare i cent’anni della prestigiosa marca automobilistica aveva previsto una serie di eventi e presentato un progetto per il rilancio del museo che prevedeva interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e la realizzazione di spazi di servizio.

Una parte del museo e le aree dove sarebbero dovuti sorgere albergo e altri spazi per i visitatori sono interamente sul territorio comunale rhodense. E così dopo alcune verifiche tecniche, un calcolo rigoroso gli oneri da corrispondere che secondo Fiat erano di solo 350.000 euro, il Comune ha concesso il via libera al progetto di rilancio e la Fiat ha versato nelle casse comunale rhodensi ben 1.8 milioni di oneri. Ma il progetto è rimasto sulla carta. Il cantiere non è mai stato avviato. Nel frattempo è stato chiuso il museo e il Comune ha votato contro l’accordo di programma per la reindustrializzazione dell’area.

Enotizia degli ultimi giorni la Fiat, secondo quanto comunicato al Comune, non intende fare nessun tipo di lavoro, né all’interno del museo né tantomeno realizzare alberghi o altri spazi. Da qui la richiesta ufficiale al Comune di restituire i soldi versati.

roberta.rampini@ilgiorno.net