Arese, 10 novembre 2010 .- Monica Marchiori, mamma di Stefano,  affetto da una sindrome alle ossa, racconta la sua storia per dar voce a chi non ne ha. "I malati da patologie rare devono avere più diritti" scrive Monica su Facebook, e attorno a quest’idea raggruppa 1984 persone. Oggi Stefano ha 12 anni, combatte con l’esostosi multipla da quando è nato, in una letterina scrive: "Nella mia scuola sono l’unico bambino ad avere una malattia che non può guarire". Il suo sogno è quello di poter un giorno giocare a calcio e ballare la break dance.


Quando ti sei accorta che c’era qualcosa non andava?
Aveva sei mesi quando cambiandogli il pannolino mi resi conto della presenza di due bozzoli sulle costole. Solo due mesi più tardi Stefano è stato ricoverato in ospedale per una febbre alta. In quell’occasione chiesi ai dottori cosa fossero quei bozzi. Mi dissero che erano delle ossa in più e che Stefano era affetto da esostosi multipla, in quel momento il mondo mi è crollato addosso.

Come si cura l’esostosi?
Allo stato attuale non ci sono medicine o terapie, la malattia è trattata solo con l’asportazione chirurgica dell’esostosi e l’intervento non garantisce la risoluzione, in alcuni casi l’esostosi potrebbe ricrescere e a volte in forma più aggressiva. A due anni Stefano comincia a essere seguito dall’ospedale Buzzi e nel 2004 affronta il primo intervento. Da allora Stefano accusa problemi diversi: il blocco di una gamba, varie tendiniti, artriti. Poi grazie all’associazione Acar conosciamo il Centro Traumatologico Ortopedico, degli Istituti Clinici di Perfezionamento a Milano, dove da quest’anno c’è un reparto per gli esostosi. Nel 2009 Stefano ha affrontato un altro intervento alla caviglia destra e tra qualche giorno farà un nuovo controllo.

Come si va avanti?
Con coraggio. Gli anni vengono scanditi dalle visite, ma dobbiamo anche fare i conti col quotidiano. Si parte dalla scuola: Stefano accumula assenze e dunque molte lacune, inoltre è dislessico e fa molta fatica a recuperare. I rapporti con i suoi compagni non sono continui. Finalmente ora abbiamo un docente di sostegno e i miglioramenti sui suoi quaderni si vedono.

Quali aiuti ricevete?
Praticamente nessuno. Nel 2009 abbiamo fatto richiesta di invalidità, ma ci è stata respinta: “Il bambino si muove può fare una vita normale” ci hanno detto. Increduli abbiamo interpellato un medico legale per scoprire che Stefano in realtà ha un deficit del 50 per cento dei movimenti. Solo battendo i pugni abbiamo ottenuto la riesamina della commissione e il riconoscimento dell’invalidità.

Perché racconti la tua storia?
Per dar coraggio a Stefano, per vivere a testa alta, per sensibilizzare l’opinione pubblica ai tanti problemi che le malattie rare comportano, per chiedere concretamente aiuto alle istituzioni, per continuare a sperare.