Landini: "Sciopero generale perché la manovra del governo è socialmente iniqua"

Per la Cgil, Draghi ha tentato una mediazione cercando di escludere per un anno dal beneficio fiscale i redditi oltre i 75 mila euro. Ma è stato affondato dai partiti

Allo sciopero non aderisce la Cisl

Allo sciopero non aderisce la Cisl

Roma -  “Il presidente Draghi ha tentato di proporre un punto di mediazione con la sua maggioranza avanzando l’idea di escludere per un anno dal beneficio fiscale i redditi oltre i 75 mila euro. Su questo è stato brutalmente messo in minoranza dai partiti della sua maggioranza. Questo è un problema molto serio: in questo Paese la maggioranza che sostiene il governo non sa cosa vuole dire vivere con 20, massimo 30 mila euro all’anno. La riforma fiscale del governo è profondamente sbagliata perché anziché ridurre le aliquote andava allargata la base imponibile dell’Irpef e accentuata la progressività del sistema“. 

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, esprime la posizione del sindacato a Repubblica dopo la decisione di scioperare contro la manovra ritenuta “socialmente ingiusta“. L’obiettivo è quello di “cambiarla: ignora la condizione in cui vive la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e il punto di vista di chi li rappresenta. Scioperiamo perché quella del governo è una manovra socialmente ingiusta e vogliamo cambiarla: ignora la condizione in cui vive la stragrande maggioranza dei lavoratori dipendenti e dei pensionati e il punto di vista di chi li rappresenta”.  

“Il governo da mesi ha ricevuto le nostre richieste unitarie su fisco, pensioni, politiche industriali e lotta alla precarietà - spiega -. Le risposte non sono adeguate. La pandemia - sottolinea Landini - non ha sospeso i diritti costituzionali e lo sciopero è un diritto riconosciuto dalla nostra Carta fondamentale. Abbiamo deciso di proclamare lo sciopero generale perché la legge di Bilancio in discussione in Parlamento non produce quella giustizia sociale di cui il Paese ha bisogno“. 

Landini insiste: “C’è giustizia quando il lavoro è sempre più precario? C’è giustizia quando i lavoratori che guadagnano meno producono ricchezza che viene redistribuita agli altri che stanno meglio? C’è giustizia quando i giovani e le donne continuano a non trovare un lavoro dignitoso? C’è giustizia se la lotta all’evasione fiscale rimane una chimera? C’è giustizia quando le rendite finanziarie continuano ad avere un trattamento fiscale privilegiato? Faccio un esempio: una commessa di un supermercato che durante questo periodo ha continuato a lavorare, garantendo il servizio anche quando il Paese era in lockdown, non arriva a prendere 20 mila euro lordi l’anno, la metà se ha un contratto part time. Ed avrà un riconoscimento fiscale di poco superiore ai 100 euro annui, mentre chi prende tre volte il suo reddito ne riceverà oltre 600”.

In merito alle detrazioni fiscali, aggiunge, “il governo ci ha detto che saranno interventi limitati perché qualcuno altrimenti potrebbe perderci. Noi, al contrario, avevamo proposto un intervento sulle detrazioni e non sulle aliquote per far crescere i redditi a partire da quelli più bassi”. “Il presidente Draghi - sottolinea poi - ha tentato di proporre un punto di mediazione con la sua maggioranza avanzando l’idea di escludere per un anno dal beneficio fiscale i redditi oltre i 75 mila euro. Su questo è stato brutalmente messo in minoranza dai partiti della sua maggioranza. Questo È un problema molto serio: in questo Paese la maggioranza che sostiene il governo non sa cosa vuole dire vivere con 20, massimo 30 mila euro all’anno. La riforma fiscale del governo è profondamente sbagliata perché anziché ridurre le aliquote andava allargata la base imponibile dell’Irpef e accentuata la progressività del sistema”.