Più pressione fiscale, meno autonomia: in Lombardia mille comuni da default senza lo Stato

Salvi grazie alla tassa sui rifiuti e ai trasferimenti dall’ente centrale. L’idea del federalismo per ora resta tale

Uno sportello comunale

Uno sportello comunale

Mkilano - Per fortuna delle casse dei Comuni ci sono i rifiuti. Gli indicatori di autonomia tributaria dei municipi lombardi – il rapporto delle entrate provenienti dalle tasse sul totale delle entrate correnti – dicono questo. Ma al di là dei bilanci da far quadrare, per gli esperti c’è di più: "Quando si parla di autonomia tributaria degli enti locali si deve far riferimento al federalismo fiscale".

I risultati raccolti dall’Anci (Associazione nazionale Comuni italiani) con il supporto della Fondazione Ifel rivelano che nella maggior parte delle province la media non supererebbe la soglia del 50% se non ci fosse il servizio Rifiuti solidi urbani ad alimentare le entrate. Per gli analisti è la prova di quanta strada ci sia ancora da percorrere verso l’attuazione di un vero federalismo fiscale, uno degli obiettivi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). La riforma avviata nel 2009 con la legge 42 è una di quelle (tante) rimaste a metà.

Tredici anni dopo lo scenario è questo: Brescia, Como, Cremona, Lodi, Mantova, Milano e Pavia senza l’“aiuto“ Rsu hanno un’autonomia tributaria inferiore al 50%. La media lombarda supera di qualche decimale il 45% e arriva al 52,5% solo grazie alle entrate garantite dal servizio rifiuti solidi urbani. Sotto il dato regionale si trovano la Città metropolitana di Milano e Mantova che non superano la soglia del 50% neppure inserendo nel conteggio dell’indicatore di autonomia tributaria gli introiti da Rsu. Che il federalismo fiscale sia lontano dall’essere realtà lo si vede anche dalle entrate correnti provenienti dai trasferimenti. Sul totale incidono in modo sostanziale i soldi provenienti dallo Stato. Tanti o pochi che siano, alla luce dei tagli ricordati dai sindaci, gli enti locali dipendono ancora quasi interamente dal governo centrale.

In provincia di Bergamo, su 139 euro pro capite 107 arrivano da Roma, 32 dal territorio. A Como solo 17: dei 134 euro 116 sono trasferiti dallo Stato. L’eccezione è rappresentata dalla Città Metropolitana di Milano, che presenta una distribuzione più equa. Dei 222 euro per residente la voce più alta – seppur di poco – arriva dal locale: 113 euro. Mentre dalle casse centrali ne arrivano 108. Lo scenario cambia in base alle dimensioni dei Comuni: secondo i dati pubblicati da Anci e Fondazione Ifel, più un centro è piccolo e più aumenta il peso del trasferimento dallo Stato sul totale delle entrate correnti. Nei Comuni fino a mille abitanti su 224 euro pro capite quasi 182 arrivano dal governo centrale. In generale, per i piccoli centri (fino a 5mila residenti, il 70% delle località lombarde) 151 euro su 176 vengono trasferiti da Roma. Mentre sopra i 5mila abitanti, l’ente centrale partecipa con 104 euro su 175.

A d essere aumentata in questi anni è la pressione finanziaria pro capite (il rapporto tra le entrate nei Comuni e la popolazione), arrivata a 817,5 euro (in media) per residente in Lombardia, l’1,3% in più nell’ultimo quinquennio. Un dato più alto della media nazionale: 765,5 euro