Pavia, vino tarocco in Oltrepo: "A giudizio in 51"

La richiesta della Procura per la contraffazione alla cantina di Broni

Scoperta  una maxifrode  da 20 milioni  di euro

Scoperta una maxifrode da 20 milioni di euro

Pavia, 14 marzo 2018 - La procura di Pavia ha chiesto il rinvio a giudizio per cinquantuno indagati nell’ambito dello scandalo del vino contraffatto alla cantina Terre d’Oltrepo di Broni. Il Gup ha fissato la data di apertura dell’udienza preliminare al 18 maggio. L’inchiesta, coordinata dal sostituto procuratore Paolo Mazza, era scattata nel 2014 e culminata a luglio 2015 con il maxi sequestro di 170.000 ettolitri di vino e 700 mila bottiglie, bevande presentate come pregiate agli acquirenti, ma che in realtà non rispettavano i canoni dei marchi Doc e Igt. Tra queste, il Pinot grigio, che secondo le accuse era realizzato con uve provenienti anche dall’estero. Una frode da 20milioni di euro, venne anche alla luce un giro di false fatturazioni per operazioni inesistenti. A fine indagini:i 297 avvisi di garanzia.

Ora sono arrivate le richieste di rinvio a giudizio da parte della Procura, per cinquanta soggetti privati e per la società Terre d’Oltrepo. Sono accusati del reato di associazione per delinquere Livio Cagnoni, all’epoca dei fatti direttore generale e amministratore delegato e consigliere nonché amministratore di fatto dopo il 2015 della cantina, il suo braccio destro Piera Carla Germani, Graziano Faravelli, vicepresidente e componente del Cda di Terre d’Oltrepo, i consiglieri Paolo Bassani, Fabio Marchesi, Marco Orlandi, Michele Campagnoli, Mario Pastore e Pier Luigi Casella, ma anche Piero Maria Meregalli ex direttore dell’Ispettorato centrale repressioni frodi di Milano e consulente della cantina e Danilo Dacarro, mediatore di uve e prodotti vitivinicoli, oltre ai soci conferitori Filippo Nevelli, Alessio Cagnoni e Marco Figini.

Infatti, secondo l’accusa gli indagati si erano associati per perpetuare «frode nell’esercizio del commercio di uve, mosti e vini, contraffazione di indicazioni geografiche, denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari», ma anche per «emissione di fatture per operazioni inesistenti» e «truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche», si legge negli atti, organizzando «un complesso meccanismo di frode basato sull’utilizzo di bolle di conferimento fittizie inerenti l’acquisto di vino» ma anche cambiando la qualità delle uve conferite con la connivenza di soci, per commercializzare in modo fraudolento vini prodotti secondo il disciplinare, invece tarocchi. L’avvocato Daniele Cei, che assiste Dacarro spiega: «Sono stupito dalla contestazione di questo reato al mio assistito, quando è stata tolta a un altro indagato più vicino ai fatti. Sarà argomento in udienza preliminare». Agli altri indagati sono contestate la dichiarazione fraudolenta, la frode nel commercio e la truffa.