Vigevano, camionista ucciso a colpi di mazzetta e fatto sparire: un fermato ha confessato

Iacullo ha iniziato a raccontare l’accaduto al pm. Bocca cucita per Mangano che deve rispondere anche di estorsione

Filippo 'Pippi' Incarbone

Filippo 'Pippi' Incarbone

Vigevano (Pavia), 12 febbraio 2021 -  Gianluca Iacullo ha scelto di rispondere al pubblico ministero, Michael Mangano si è avvalso della facoltà di non dire nulla: questo il comportamento scelto dai due indagati in stato di fermo per l’omicidio di Filippo Incarbone, 49 anni, l’autotrasportatore di origine pugliese residente a Vigevano del quale non si avevano più notizie dallo scorso 3 gennaio, ieri pomeriggio davanti al sostituto procuratore Paolo Mazza. Iacullo, 44 anni, assistito dall’avvocata Sabina Cabula, avrebbe raccontato al magistrato la sua versione dei fatti, avendo già confessato l’accaduto, mercoledì sera ai carabinieri quando era stato condotto nella caserma di via Castellana. Infatti, lì aveva ammesso le proprie responsabilità ed era quindi stato sottoposto a fermo d’indiziato di delitto. I carabinieri poi avevano individuato e bloccato anche Mangano, 31 anni, mentre si trovava in auto con un suo amico: portato in caserma, gli ha ceduto una dose di eroina ma è stato scoperto. I reati contestati a Mangano, assistito dall’avvocato Fabio Santopietro, sono omicidio volontario, distruzione di cadavere, estorsione, rapina e spaccio di sostanze stupefacenti, mentre Iacullo è indagato per omicidio volontario e distruzione di cadavere.

Mangano era già noto alle forze dell’ordine per diversi precedenti. Nel 2010 per droga, in seguito in due diverse occasioni era stato assolto dalle accuse di resistenza a pubblico ufficiale e di sequestro di persona. Il prossimo passo dell’iter giudiziario sarà l’interrogatorio di garanzia con il Gip, che dovrà essere fissato entro cinque giorni dal fermo. La vicenda che li vede coinvolti deve ancora essere chiarita del tutto soprattutto per capire cosa abbia spinto Mangano a colpire con una mazzetta Filippo Incarbone sino ad ucciderlo. Di “Pippi“ non si avevano più notizie da inizio anno e col passare dei giorni parenti ed amici, pur abituati alle sue assenze, spesso legate al suo lavoro di autotrasportatore, avevano iniziato a pensare al peggio. Ma nessuno avrebbe mai immaginato la terribile realtà. Ultimamente il 49enne non se la passava bene, aveva problemi di denaro. "Ogni tanto gli prestavo soldi", ha raccontato il fratello Maurizio agli investigatori che hanno accertato che una mano per pagare le bollette gliela davano anche gli amici. Le accuse a carico di Mangano sono articolate. Dovrà rispondere anche di estorsione nei confronti di Filippo Incarbone, concretizzata facendo leva sulla sua prestanza fisica per intimidirlo, e di un uomo di 46 anni dal quale, a più riprese, aveva preteso di non pagare i danni procurati ad una auto che quest’ultimo gli aveva noleggiato oltre che della rapina di un computer portatile e di un tablet di sua proprietà. E ancora dell’estorsione ai danni di un noto imprenditore vigevanese, impegnato anche sul fronte della politica, dal quale aveva pretesto il pagamento di 20 mila euro, ottenendo solo qualche centinaio di euro, paventando l’intervento di amici albanesi di pochi scrupoli. In quella circostanza però l’imprenditore aveva deciso di non sottostare e si era rivolto ai carabinieri.

Un quadro particolarmente complesso sul quale i carabinieri di Vigevano stanno ancora indagando a pieno ritmo per fare luce sui tanti aspetti ancora oscuri. Intanto però le speranze di ritrovare “Pippi“ sono svanite: il suo corpo è stato gettato nel Ticino, che da quel giorno ha sopportato anche un’ondata di piena, situazione che renderà estremamente difficile il lavoro dei vigili del fuoco. Ieri avevano chiesto anche l’intervento di un elicottero del nucleo di stanza a Malpensa che non ha potuto raggiungere i cieli della Lomellina a causa della nebbia.