Missione compiuta: Pavia accoglie il giovane ucraino in sedia a rotelle

Il presidente pavese dell’Unione lotta alla distrofia muscolare Fabio Pirastu abbraccia Dimitri, profugo 21enne affetto dalla sua stessa malattia

Dmytro Yakovets ucraino, amico di Fabio Pirastu

Dmytro Yakovets ucraino, amico di Fabio Pirastu

Pavia - "Missione compiuta". Il presidente della sezione pavese dell’Unione italiana lotta alla distrofia muscolare Fabio Pirastu ha sintetizzato con un sorriso e pochissime parole quanto è stato fatto per Dimitri, un 21enne ucraino affetto da distrofia muscolare di Duchenne. Costretto su una sedia a rotelle, il giovane ucraino che viveva a Chernivitsi, al confine ovest dell’Ucraina, non riusciva a nascondersi nei rifugi al suono delle sirene antiaeree e lo stesso non potevano fare sua mamma di 45 anni e sua sorella 17enne.

Con Pavia Dimitri ha un legame, la nonna Lidya Popova vive da 24 anni nella città delle cento torri dove lavora come assistente di una persona affetta da distrofia muscolare. E qui si trova pure il padre del ragazzo che attualmente è pure lui su una sedia a rotelle e sta effettuando la riabilitazione dopo un incidente. Per Dimitri, quindi, si è mobilitata la Uildm e l’intera città. "Grazie ai nostri volontari che in meno di 5 ore hanno macinato più di 350 chilometri e alla nostra determinazione - ha aggiunto Pirastu - abbiamo superato gli ostacoli e visto finalmente negli occhi di questa famiglia un po’ di serenità". Per evitare di rimanere in pullman per 20 ore, Dimitri con un convoglio di volontari ha raggiunto Verona dove il pulmino della Uildm è andato a prenderlo con mamma e sorella. Sono circa 1.400 i profughi arrivati in provincia dall’inizio della guerra con una media di 60-70 arrivi al giorno. "A distanza di un mese - ha detto Damiano Rizzi, psicologo clinico del San Matteo di Pavia e presidente di Soleterre che opera anche in Ucraina dove assiste i bambini malati di cancro - siamo riusciti a evacuare oltre 500 bambini in diversi Paesi del mondo, 50 dei quali sono arrivati in Italia. Hanno lasciato il papà a combattere. Alcuni non riuscivano neppure ad aprire gli occhi per la stanchezza. Ci ha colpito una mamma che ha raccontato al suo bimbo di 3 anni salendo sull’aereo che sarebbe andato al mare. Se gli avesse detto che lo aspettava un ospedale, non sarebbe partito volentieri".