Vellezzo, soffoca il padre e lo veglia: "Non riuscivo più ad accudirlo"

Il figlio della vittima arrestato per omicidio e occultamento di cadavere

Una gazzella dei carabinieri

Una gazzella dei carabinieri

Vellezzo Bellini, 12 novembre 2018 - Ha ucciso il padre, Piero Dagrada, 77 anni,  perché stanco di accudirlo e stargli vicino. "Non ce la facevo più, la mia vita era diventata un inferno", così si è giustificato Giovanni Dagrada, 38 anni, durante il primo interrogatorio. Il cadavere dell'anziano, morto da almeno 5 giorni, è stato scoperto ieri dall'altro figlio della vittima, che si era recato in casa del genitore, nella frazione Giovenzano del comune di Vellezzo Bellini, perché non riusciva a mettersi in contatto con lui. Una volta arrivato sul posto, l'atroce scoperta: il genitore morto e il fratello vicino al cadavere, in stato confusionale.

Il 38enne, sottoposto a  fermo di polizia giudiziaria con le accuse di omicidio e occultamento di cadavere, si trova in carcere a Pavia. L'uomo avrebbe fornito indizi importanti ai carabinieri. Nelle prossime ore l'interrogatorio con il gip alla presenza del suo avvocato difensore d'ufficio Federica Podda. Giovanni Dagrada, incensurato, assisteva da diversi anni il padre gravemente malato. "Si era totalmente dedicato a tale necessità - scrivono i carabinieri in una nota - tanto da dovere rinunciare ad una vita propria e al lavoro".

Secondo una prima ricostruzione, il 37enne ha ucciso il padre, soffocandolo, poi lo ha vegliato per diversi giorni. I primi accertamenti effettuati nell'abitazione, "rendono plausibile l'ipotesi che giorni fa (non meno di cinque), in un momento di raptus, abbia esercitato qualche tipo di pressione sulle vie respiratorie dell'anziano padre già fortemente provato dalla malattia", aggiungono i carabinieri. Poi sarebbe rimasto a vegliarlo per diversi giorni, sino alla macacra scoperta, ieri pomeriggio, da parte del fratello maggiore. Per il 37enne, che in paese viene descritto come una brava persona, particolarmente affezionata al padre, si sono aperte le porte del carcere, in attesa della decisione dell'autorità giudiziaria.