Pavia, porto d’armi negato dopo 30 anni: il giudice dà ragione al vigilante

La Prefettura: "Non è esposto a pericoli reali". Ma il provvedimento è ritenuto illegittimo

La vigilanza privata sempre più utilizzata

La vigilanza privata sempre più utilizzata

Pavia, 3 febbraio 2019 - Il Tar della Lombardia ha dato ragione a un cittadino pavese che si era visto rifiutare il rinnovo del porto d’armi dalla locale Prefettura. I giudici amministrativi, oltre che giudicare tale rifiuto illegittimo, hanno condannato il Ministero dell’Interno a pagare mille euro di spese processuali. L’uomo in questione lavora come coordinatore dei dipendenti di un istituto di vigilanza privata e come tale è tenuto all’ispezione di tutti gli obiettivi e i siti di servizio, alla detenzione di codici e documenti riservati, nonché al versamento del denaro contante presso gli istituti di credito. E il rinnovo del porto d’armi gli era stato negato perché la Prefettura aveva ritenuto che il lavoratore non risultasse esposto a reali pericoli nello svolgimento delle sue mansioni.

Luomo, però ha detenuto il titolo per trent’anni e il Tar della Lombardia ha rilevato che non sono stati indicati motivi di mutamento delle circostanze che ne avevano permesso il rilascio, ritenendo dunque illegittimo il provvedimento. La Prefettura segnalava anche come «i reati predatori in questa Provincia di Pavia, dal 2018 al settembre 2017, hanno fatto registrare una costante contrazione», tuttavia «la domanda del ricorrente – si legge nel testo della sentenza – è giustificata dalle condizioni di sicurezza presenti nella Provincia di Ferrara, dove il medesimo svolge la sua attività professionale, e che a suo parere, sarebbero invece recentemente peggiorate». In base a queste motivazioni il Tar ha dato perciò ragione al pavese, annullando il provvedimento della Prefettura.