
Florin Catalin Lovin piange la morte di Andreea e del loro piccolino
Pavia – “Mi manca l’aria”, “non respiro”, “non ce la faccio più”. Sono le ultime parole pronunciate da Andreea Mihaela Antochi, la donna di 30 anni che nelle prime ore di martedì ha perso la vita al San Matteo insieme al bimbo che portava in grembo dopo essere andata in ospedale per farlo nascere. Quelle parole atroci ieri mattina erano scritte in rosso sui cartelli che i familiari e gli amici della giovane hanno portato in piazzale Golgi al presidio organizzato per chiedere giustizia. “Nelle vostre mani dovremmo sentirci sicure, ma non lo siamo”, il messaggio di denuncia al flash mob. “Nel 2024 non si può morire partorendo”, la frase più dolorosa pronunciata da amiche e parenti. In lacrime Florin Catalin Lovin, il marito di Andreea: “Voglio giustizia – dice –. Si poteva fare molto di più per loro”.

La donna aveva cominciato a stare poco bene giovedì scorso. Al suo avvocato, Ferdinando Mauro Miranda, il marito di Andreea ha raccontato d’aver accompagnato la moglie in ospedale per chiedere di anticipare il cesareo programmato per domenica: “Sono normali dolori – sarebbe stata la risposta dei medici alla donna, stando alla denuncia presentata da Lovin martedì mattina al posto di Pronto soccorso del San Matteo –. Vada a casa e torni domenica”. Così Andreea ha fatto. Domenica sono iniziate le procedure per il parto indotto con il palloncino. Ma la 30enne soffriva dolori sempre più forti. Vomitava sangue. “Il marito, che è stato sempre accanto alla moglie – spiega l’avvocato – ha fatto presente ai medici quanto stava accadendo. Gli hanno risposto che si era ferita mordendosi la lingua a causa dei dolori. Secondo loro non c’era da preoccuparsi. Poi però la situazione è precipitata, la ragazza ha iniziato a faticare a respirare ed è andata in arresto cardiaco”.
“Una donna deve avere il diritto di partorire come vuole – sospirano le amiche accorse al sit-in –. Non possiamo avere paura di avere dei figli”. Andreea avrebbe voluto che il piccolo Sasha nascesse con un cesareo. Ma i medici hanno optato per un parto naturale indotto, arrivando al cesareo d’urgenza solo nella notte tra lunedì e martedì.
Per alcuni medici la causa del decesso potrebbe essere un’embolia amniotica, caso rarissimo che ha trasformato un evento lieto in tragedia per la una giovane coppia sposata da tre anni. “Andreea desiderava questo figlio – si scioglie in lacrime un’amica –. Era da sei anni che voleva diventare madre e ora non vedeva l’ora di stringere il suo bambino”. Il marito si regge in piedi a fatica: “Sono tre giorni che non mangio e che non dormo”. Ma nonostante questo non cova sentimenti di vendetta: “Lovin mi ha confessato dì aver perso tutto e di aver pensato al suicidio – aggiunge l’avvocato –. Un quarto d’ora prima era un uomo felice, poi non aveva più nulla. Eppure non prova rancore, vuole solo la verità”. La Procura è al lavoro. Lunedì sarà nominato il consulente tecnico d’ufficio (un professionista di Genova) che dovrà assistere all’autopsia. La famiglia ha trovato un consulente di parte con competenze specifiche.