Omicidio di Garlasco, il legale dei Poggi: "Io, Chiara e quella sedia che non c'è"

L'avvocato Gian Luigi Tizzoni nel libro, che ha voluto scrivere sul processo: "Ho voluto raccontare dieci anni di questa vicenda per come l’ho vissuta da uomo"

Chiara Poggi

Chiara Poggi

Garlasco (Pavia), 22 giugno 2018 - Tre sedie: tante ne sono rimaste nella cucina della villetta di Garlasco in cui è stata uccisa Chiara Poggi. La procura della Repubblica ne ha sequestrata una e non l’ha più restituita. La famiglia non l’ha mai richiesta, perché ormai sono rimasti in tre in famiglia. Il particolare è emerso a quasi 11  anni di distanza. Lo ha scritto Gian Luigi Tizzoni nel libro, che ha voluto scrivere sul processo. «Ho voluto raccontare dieci anni di questa vicenda per come l’ho vissuta da uomo - racconta il legale -. La storia comincia nel momento in cui ho appreso la notizia del delitto, mentre mia moglie era al quinto mese di gravidanza e termina con la Cassazione che nel 2017 dichiara inammissibile il ricorso straordinario depositato dalla difesa Stasi».

In mezzo ci sono quasi 11 anni.

«In cui anch’io ho vissuto dei dolori e delle gioie. Nel 2013 è mancato mio padre Ernesto che mi ha sempre sostenuto moltissimo, ma non è riuscito a vivere nessuno dei momenti positivi del processo di Garlasco. In quel 2007 poi è nato anche mio figlio Ettore, che era troppo piccolo per percepire le mie preoccupazioni nella prima fase della vicenda, mentre mi ha regalato un indimenticabile sorriso per la "vittoria"arrivata con la sentenza con la quale il fidanzato di Chiara, Alberto Stasi, veniva condannato a 16 anni. Ho scritto questo libro per mio padre e mio figlio, che forse non lo leggerà mai».

Diventando padre, è cambiato il suo modo di vivere il processo?

«Ho capito di più come stavano vivendo i Poggi e cosa vuol dire perdere un figlio. I genitori di Chiara non hanno mai mostrato eccessi, non hanno mai chiesto la condanna per Alberto Stasi. Volevano però che venisse fatto di tutto per trovare il colpevole e non tutto era stato fatto. Venivano negate anche le prove. La perizia sulla bicicletta di Stasi, per esempio era stata disposta e lasciata eseguire in modo parziale. Non si capacitavano del perché. E' stata una battaglia complicata, che mi ha causato molte frustrazioni, ma poi la Cassazione ha ribaltato tutto».

Lei è stato sempre accanto alla famiglia Poggi.

«Sono stato un punto di riferimento. Confesso, però, di non aver seguito questo caso come tutti gli altri».

Come è riuscito a mantenere un distacco? 

«Ho cercato di usare un certo equilibrio. Ma mi hanno aiutato molti i Poggi, che non si sono mai mostrati ostili nei confronti di Stasi. Non solo, quando dicevano di aver fiducia nelle istituzioni, ci credevano davvero. Lo ha dimostrato in aula Giuseppe Poggi quando ha detto che "il delitto aveva distrutto due famiglie". Purtroppo era vero». ù

Conosceva la famiglia Poggi prima del delitto?

«Ci eravamo incrociati qualche volta e avevamo delle amicizie in comune. Ora, che la questione penale è chiusa, ci vediamo ogni due o tre mesi»

Come stanno i genitori di Chiara?

«Il dolore per la perdita di un figlio non si supera. Non ho mai chiesto perché abbiano deciso di tornare a vivere nella villetta del delitto. So che in quella casa erano stati felici con Chiara. Il papà della ragazza spesso mi ripete: ">Hanno ancora sotto sequestro una sedia della nostra cucina, prima erano quattro adesso sono tre". Non ha mai insistito perché io ne chiedessi il dissequestro, come a sottolineare che ora sono in famiglia solo in tre e non si può tornare indietro».