Pavia, omicidio per l'eredità: l'indagato sceglie il silenzio

Arrestato giovedì per i fatti commessi nel giugno 2019. Nicola Alfano sarebbe "provato dalla situazione"

I soccorritori vicino all’autovettura in cui era stato trovato il corpo senza vita

I soccorritori vicino all’autovettura in cui era stato trovato il corpo senza vita

Pavia. 15 settembre 2020 -  Si è avvalso della facoltà di non rispondere Nicola Alfano, quarantottenne milanese accusato dell’omicidio dell’amico Bruno Eugenio Lazzerotti, settantotto anni, pure lui milanese. Il delitto si è consumato l’11 giugno 2019 alla cascina Fiamberta nel territorio di Certosa di Pavia, giovedì scorso Alfano è stato arrestato e venerdì è comparso davanti al Gip di Pavia per l’interrogatorio di garanzia. Ha scelto di non raccontare la sua versione dei fatti, i suoi legali hanno ricevuto gli atti il giorno stesso e non hanno quindi potuto approfondire le accuse. Al momento Alfano resta in carcere, ma non è escluso il ricorso al Riesame da parte dei suoi difensori per chiedere una misura cautelare alternativa. Alfano è stato descritto da persone a lui vicino come molto provato dalla situazione attuale.

Secondo le accuse, come riportato nell’ordinanza di applicazione della custodia in carcere, quel pomeriggio di giugno dell’anno scorso Alfano aveva affogato Lazzerotti spingendolo nella roggia che scorre nei campi della cascina, un corso d’acqua con profondità massima di circa 55 centimetri e corrente debole. Poi, una volta tornato in auto, aveva simulato un incidente facendo cadere la vettura sulla roggia. Per le accuse aveva quindi simulato un annegamento accidentale di Lazzerotti in seguito al sinistro, per depistare le indagini in quanto in realtà gli investigatori ritengono l’abbia volontariamente ucciso lui. Il movente, secondo gli inquirenti, sarebbe l’eredità: Lazzerotti aveva promesso ad Alfano che gli avrebbe destinato i suoi beni, ma poi avrebbe manifestato l’intenzione di risposarsi. Per le accuse, Alfano ha temuto che ciò potesse avere conseguenze sulla successione dopo la morte dell’anziano amico, dunque di venire escluso dalla linea ereditaria. Avrebbe quindi architettato l’omicidio di Lazzerotti per poter riscuotere subito la sua eredità.