Omicidio fotoreporter Rocchelli in Ucraina: "Ucciso in un agguato, vogliamo la verità"

L’appello è stato lanciato ieri pomeriggio dall’Associazione lombarda dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa italiana

Conferenza stampa omicidio Andy Rcchelli

Conferenza stampa omicidio Andy Rcchelli

Pavia, 10 aprile 2018 - "Dobbiamo stare vicini alla famiglia Rocchelli". L’appello è stato lanciato ieri pomeriggio dall’Associazione lombarda dei giornalisti e dalla Federazione nazionale della stampa italiana che ha riacceso i riflettori sull’omicidio di “Andy”, giornalista fotoreporter pavese ucciso in Ucraina il 24 maggio 2014. In una Santa Maria Gualtieri gremita il presidente della Fnsi Giuseppe Giulietti ha sottolineato che "i familiari di Andy Rocchelli non devono sentirsi soli. Saremo presenti al processo perché un giornalista ha pagato con la vita il suo desiderio di raccontare sino in fondo la verità". L’incontro è stato organizzato a poche settimane dall’apertura del processo a Vitaly Markiv, un combattente volontario delle milizie ucraine, arrestato nel giugno scorso a Bologna e accusato della morte di Rocchelli dalla Procura di Pavia «in concorso con ignoti". "Quello teso a Andy è stato un agguato - ha detto Elisa Signori, la mamma del fotografo -. Ce ne siamo resi conto quando siamo andati in Ucraina un anno dopo la morte di nostro figlio e abbiamo visto che è stato ucciso in un crepaccio di tre metri nel quale evidendemente si era rifugiato per ripararsi". L’avvocato Alessandra Ballerini, uno dei legali della famiglia Rocchelli, ha sottolineato che «per l’inchiesta sono state determinanti le testimonianze di alcuni giornalisti". A chiarire quanto accaduto ha contribuito una scheda con le immagini che Andy aveva scattato che è stata tolta dalla macchina fotografica e conservata in una busta. "La ricerca della verità e della giustizia per mio fratello Andy non è solo una questione privata che riguarda la mia famiglia - spiega la sorella Lucia -. La verità va trovata per un’esigenza più grande: quella di difendere la libertà di informazione. Possiamo dire che il nostro lutto familiare è, in realtà, un lutto collettivo". E come ha sottolineato il senatore Luigi Manconi «oggi sono 3226 gli italiani rinchiusi in prigioni all’estero".