Pinot Nero e Riesling, il riscatto dell'Oltrepò Pavese in cerca di nuove identità

Il difficile passaggio dalla quantità alla qualità, in un territorio molto vasto e storicamente poco propenso a fare sistema

I suggestivi vigneti Ca' di Frara a Mornico Losana (foto MDidier)

I suggestivi vigneti Ca' di Frara a Mornico Losana (foto MDidier)

Torrazza Coste (Pavia), 20 giugno 2020 - «In Oltrepò viene bene tutto». Una frase che esprime la ricchezza di un territorio che sull’abbondanza e la versatilità ha costruito le sue fortune. Anni fa. Perché oggi il panorama enoico è cambiato, ridimensionando quel «bene» che è cosa diversa da eccellenza e, soprattutto, trasformando quel «tutto» da plus a limite.

Nuovo corso

Spumanti Travaglini«L’Oltrepò Pavese è sparito dai radar» ammette senza troppi giri di parole Carlo Veronese, il direttore del Consorzio di tutela chiamato appunto a riportarcelo, forte della sua lunga esperienza del Lugana, trasformato da vino semi-clandestino a prodotto apprezzato e ricercato sul mercato. Un direttore esterno e super partes per far cambiare passo a un territorio che negli anni ha dimostrato una certa ritrosia verso quel “fare sistema” che ha determinato la fortuna di molte zone vinicole. Nelle intenzioni del Consorzio, il riscatto dell’Oltrepò passa da un innalzamento della qualità media dei vini e dalla ricerca di un’identità ben definita, con singole vocazioni da valorizzare all’interno dell’ampia gamma di vitigni che caratterizzano un territorio molto vasto (13.500 ettari vitati).

Riccagioia

Per quanto riguarda il primo obiettivo, un riferimento importante può e deve essere il centro di Riccagioia di Torrazza Coste, sede del Consorzio ma soprattutto centro sperimentale di proprietà della Regione che, tramite Ersaf, ha dato vita al progetto Oltrericcagioia che, a partire dalla vendemmia 2018, ha permesso di produrre vini di proprietà di Regione Lombardia attraverso un modello di economia circolare e sostenibile. «Abbiamo le uve tipiche dell’Oltrepò ma anche una selezione di cloni di tutti i vitigni del pianeta», spiega Cinzia Balza, responsabile del progetto. Vini RiccagioiaNon a caso, se il ‘Rosso Oltrepò’ è un blend 40% Barbera e 30% Croatina tagliate con storiche varietà locali, il ‘Gioiello Bianco’ è un intrigante miscuglio di ben 15 vitigni italiani e internazionali. C’è poi un Pinot Nero spumantizzato Charmat mentre dal prossimo anno verranno pronti un Pinot Nero spumante metodo classico e addirittura un passito. «I vini non sono in vendita ma vengono usati dalla Regione nelle occasioni istituzionali», spiega Balza. Oltrericcagioia non è quindi un competitor commerciale ma anzi un alleato dei produttori, un punto di riferimento in fatto di conoscenze, sperimentazioni e competenze a vantaggio di tutto l’Oltrepò.

Pinot Nero

Per quanto riguarda invece il discorso delle vocazioni, se il vitigno simbolo, l’autoctona Croatina, già da tempo vanta un prodotto di punta come il Buttafuoco Storico, per altri prodotti il percorso identitario è appena cominciato. Il Pinot Nero, ad esempio, in queste zone è coltivato da tempo ma con la filosofia che «è come il maiale, non si butta via niente». Brillante quanto infelice battuta di un vecchio presidente del Consorzio, figlia di quel «viene bene tutto» di cui all’inizio che porta inevitabilmente a un livellamento verso il basso. Alcune cantine hanno però intrapreso una strada diversa, prendendo a modello l’Alto Adige per la vinificazione in rosso e ottenendo negli anni bottiglie sempre di maggior pregio. Francesco CervettiÈ il caso di Marchese Adorno che, affidandosi a un enologo di fama ed esperienza come Francesco Cervetti (nella foto), vanta risultati interessanti con le due versioni ‘Brugherio’ e ‘Rile Nero’. Tuttavia da queste parti il maggiore potenziale del Pinot Nero si esprime nella spumantizzazione, di cui fra l’altro l’Oltrepò vanta antica tradizione. In un comparto a forte trazione Chardonnay, un distretto spumantistico basato sul ‘blanc de noirs’ offre un prodotto diverso e anche più versatile, considerando la possibilità di vinificare in rosato. Un’opportunità che il Consorzio aveva già intravisto, coniando e registrando il termine Cruasé per lo spumante rosé metodo classico Docg dell’Oltrepò Pavese, senza però crederci fino in fondo in termini di marketing e diffusione del marchio. Centoventi Luca BellaniOra diversi produttori hanno (nuovamente) intrapreso con convinzione la via delle bollicine, ottenendo risultati lusinghieri come nel caso di Travaglino (Gran Cuvèe Brut millesimato e Monteceresino Rosè) o di Ca’ di Frara che con il Luca Bellani Centoventi Rosè dosaggio zero spinge decisamente sull’acceleratore, in fatto di ricerca e sperimentazione.

Riesling

Situazione analoga a quella del Pinot Nero è, sul fronte dei bianchi, quella del Riesling Renano, con alcuni importanti distinguo. Innanzitutto la diffusione: se il primo si trova infatti un po’ in tutto l’Oltrepò, il secondo ha invece una diffusione molto più limitata e, soprattutto, è prodotto in quantità nettamente inferiori rispetto al Riesling Italico. E qui la situazione si complica ulteriormente, perché non solo al di là del nome i due vitigni non sono assolutamente parenti, ma il termine Renano è appannaggio dei francesi e dunque non può essere utilizzato in etichetta. Il risultato è un cortocircuito comunicativo che penalizza il Riesling indubbiamente più elegante e pregiato. Un peccato anche perché, sempre prendendo l’Alto Adige come massimo riferimento qualitativo in Italia, l’impressione è che rispetto al Pinot il gap sia in questo caso meno esteso. Prodotti come ‘Arcolaio’ di Marchese Adorno, ‘Campo della Fojada’ di Travaglino e ‘Oliva’ di Ca’ di Frara vantano infatti un corredo aromatico di tutto rispetto, con i sentori di frutta che evolvono nel tempo fino a lasciare spazio ai tipici sentori di idrocarburi, marchio di fabbrica di questo affascinante quanto riottoso vitigno, croce e delizia di produttori e consumatori, che in Oltrepò pare aver trovato uno dei pochi luoghi al mondo in cui esprimere le sue ricercate potenzialità.