Morte di un operaio, pena ridotta in Cassazione al datore di lavoro

Pavia, la vittima era stata investita da un tronco d’albero in un taglio boschivo: non avrebbero ricevuto adeguata formazione

Riduzione di pena in Cassazione per un datore di lavoro condannato per l’omicidio colposo di un operario. La Corte d’Appello di Milano aveva stabilito per l’uomo nell’ottobre 2017 la conferma della sentenza di primo grado del Tribunale di Pavia che lo aveva condannato a un anno e sei mesi di reclusione per la morte di un operaio rimasto gravemente infortunato sul lavoro. La vittima era stata colpita da un tronco mentre lavorava a Candia Lomellina il 25 febbraio 2012: aveva riportato gravissime lesioni con traumi in tutto il corpo, in particolare alla testa. Le perizie avevano accertato che le ferite erano compatibili con l’investimento del corpo da parte di un tronco d’albero, durante l’attività di taglio boschivo di cui si stava occupando. Il datore di lavoro è stato ritenuto responsabile della sua morte in entrambe le sentenze di primo e secondo grado, evidenziando in particolare violazioni delle norme antinfortunistiche: sembra che l’operaio non avesse ricevuto adeguata formazione per il lavoro rischioso che stava svolgendo.

In seguito alla condanna di secondo grado, l’imputato ha presentato ricorso in terzo grado di giudizio lamentando, tra altri motivi, anche la prescrizione di alcuni reati contravvenzionali che erano contestati. La Suprema corte ha accolto questa richiesta, in quanto "risulta interamente decorso il termine massimo di prescrizione del reato, pari ad anni cinque", scrivono i giudici nella sentenza di maggio, resa pubblica solo ora. Dunque la sentenza è stata rivista, con una riduzione di due mesi per l’annullamento di quella contestazione e dunque rideterminata in un anno e quattro mesi di reclusione. La Corte ha rigettato invece il resto del ricorso.

Nicoletta Pisanu