Sport paralimpico, le medaglie non valgono una vasca

La pavese Monica Boggioni ha conquistato tre ori e tre argenti in Messico ma è costretta a fare la pendolare per allenarsi

Monica Boggioni

Monica Boggioni

Pavia, 4 aprile 2018 - Ha conquistato  tre medaglie d’oro e tre d’argento campionati del mondo di Città del Messico dello scorso anno. Risultati che le hanno fatto ottenere il collare d’oro al merito sportivo conferito ai migliori atleti italiani. Da quattro anni Monica Boggioni porta il nome di Pavia sul tetto del mondo perché è la migliore nel nuoto paralimpico con tanto di record dei campionati mondiali. Una carriera brillante quella della giovane atleta affetta da una sofferenza cerebrale che le provoca una diplegia spastica agli arti inferiori. Nuotatrice da quando aveva 2 anni, nel 2014 quando è partito il progetto «Nuota con noi» per creare una squadra di atleti con disabilità, si è cimentata con l’attività agonistica e subito ha stabilito record del mondo ai campionati italiani di Lignano Sabbiadoro, alla World Series di Berlino e agli assoluti estivi di Lodi. In vasca Monica corre e arriva prima delle avversarie, ma a trovarla una vasca. A Pavia negli orari in cui la diciannovenne, studentessa universitaria al primo anno di biotecnologie, è libera dagli impegni di studio, non si trova una corsia libera. Deve spostarsi a Lodi o a Broni per gli allenamenti.

I latini dicevano nemo profeta in patria, vale anche per te, Monica? «È un po’ così - risponde Monica Boggioni -. Porto in giro per il mondo in nome di Pavia, ma per gli allenamenti devo spostarmi e raggiungere la Faustina di Lodi o la piscina di Broni. Mi serve una vasca da 50 metri e a Pavia non c’è».

Quindi niente comunale di via Folperti?

«La mia società, la Aics Pavia Nuoto, affiliata alla Federazione italiana nuoto paralimpico è ospite della società che gestisce la piscina comunale di Pavia. Avremmo la possibilità di allenarci nel primo pomeriggio quando ci lasciano una corsia libera. Ma una corsia non basta, ne servono almeno due perché in squadra siamo in sei e ognuno ha la propria disabilità e la propria andatura».

Comunale a parte, ci sono altre piscine private a Pavia.

«Sì, ma la situazione è la stessa in tutte le strutture. Ogni piscina ha le proprie squadre e non può lasciare una corsia libera tutta per me. Quando faccio i doppi allenamenti riesco ad andare a Pavia, ma durante la stagione no».

A Broni o a Lodi, invece, questo problema non c’è.

«No, posso nuotare tranquillamente. E io mi alleno tutti i giorni tranne la domenica. Così mi faccio accompagnare o dai miei genitori o da mio fratello perché non ho l’auto. Tra spostamenti, allenamenti di due ore e tutto il resto, se ne vanno tre o quattro ore, mentre in via Folperti che è a pochi minuti da casa mia, potrei andarci in autobus o farmi accompagnare e tornare a prendermi con un risparmio di risorse e di tempo. Io voglio nuotare e mi aiutano a farlo».

A fine maggio la piscina comunale chiuderà per i lavori di ristrutturazione.

«Sì e io sarei costretta a spostarmi comunque. Da settembre speriamo di riuscire ad avere la possibilità di allenarci “in casa”».

Ma a Pavia non sono contenti d’avere una campionessa che si allena?

«Certo che sarebbero contenti. Infatti quando vado sabato pomeriggio o martedì sera sono felici, ma tutti i giorni non si può».

Per quali obiettivi sportivi ti stai allenando?

«In agosto ci saranno i campionati europei a Dublino e poi nel 2020 le parolimpiadi a Tokyo».

E tu vuoi fare ancora incetta di medaglie.

«Se vai, devi vincere, altrimenti che cosa ci vai a fare?»

Vero spirito decubertiano...

«Chi dice il contrario, mente. Scherzi a parte, faccio sport da una vita e lo sport mi ha insegnato molto. È difficile conciliare gli impegni di studio (Monica si è diplomata al liceo classico con 100/100, ndr), ma ho imparato ad organizzare il mio tempo e che si vince e si perde con la politica dei piccoli passi».

In quattro anni di agonismo, hai vinto tanto.

«Direi che è un buon inizio».

E da grande che cosa vorresti fare?

«Ricerca biogenetica per aiutare i tanti bambini che soffrono a causa di malattie non ancora conosciute».