Gambolò, svolta nel caso Fantato: "Quel corpo è di Luciana"

L’esame del Dna sui resti trovati il 23 giugno lungo il Terdoppio non lascia dubbi: è la 59enne scomparsa quasi due anni fa

Pierino Marcantognini denunciò la scomparsa della moglie il 10 novembre 2017

Pierino Marcantognini denunciò la scomparsa della moglie il 10 novembre 2017

Gambolò, 23 ottobre 2019 -  La conferma è arrivata ieri pomeriggio. Il corpo ripescato lo scorso giugno nel torrente Terdoppio in territorio di Alagna era quello di Luciana Fantato, la donna di 59 anni misteriosamente scomparsa dalla sua casa di Gambolò il 10 novembre di due anni fa. Gli esami del Dna effettuati all’Istituto di medicina legale di Pavia non hanno lasciato dubbi.  Secondo i carabinieri del tenente colonnello Emanuele Barbieri, che per due anni non hanno mai smesso di indagare, la donna si sarebbe tolta la vita. Tutte le altre ipotesi, compresa quella dell’omicidio e dell’allontanamento volontario, non hanno infatti trovato alcun riscontro. Cala così, in modo definitivo, il sipario su una vicenda che ha fatto discutere a lungo e che per molti mesi è stata avvolta dal mistero.

Luciana Fantato si era allontanata dalla sua casa di via Gazzera una mattina di tardo autunno ed era letteralmente scomparsa. Le ricerche, anche nelle acque del torrente Terdoppio che scorre poco lontano, non avevano prodotto esiti. Il marito della donna, Pierino Marcantognini e la figlia della coppia, Marta, si erano resi conto della scomparsa solo al mattino; la figlia aveva ritrovato in cucina un biglietto con il quale la madre lasciava le disposizioni per l’utilizzo della lavatrice. Un secondo biglietto era stato ritrovato in un’altra stanza: in quelle poche righe Luciana Fantato spiegava i motivi del suo allontanamento, in parte legati alla tendenza del marito ad accumulare ogni genere di materiale che aveva occupato ogni spazio disponibile all’interno della casa e nel cortile adiacente, situazione che avrebbe impedito alla famiglia una vita sociale normale.

Le ricerche erano scattate immediatamente senza tuttavia dare esito. Il tratto del Terdoppio che collega Gambolò a Tromello era stato battuto palmo a palma. Ma di Luciana Fantato non era stata trovata traccia. E quello era stato il riscontro per oltre un anno. Nel frattempo gli investigatori non avevano tralasciato le altre ipotesi, compresa quella dell’omicidio.  Avevano analizzato le frequentazioni della figlia Marta, che in passato aveva intrecciato una relazione con un nomade di etnia sinti poi arrestato per un omicidio avvenuto a Gambolò e dal quale aveva avuto un figlio. Nulla aveva avvalorato però la pista della morte violenta; in casa peraltro non erano stati trovati segni di colluttazione o simili. Erano stato contattati anche parenti, conoscenti ed enti di assistenza, nell’eventualità che la donna avesse chiesto asilo dopo l’allontanamento volontario. Ma anche quello si era rivelato un vicolo cieco. E ancora nel settembre dello scorso anno erano stati coinvolti i carabinieri del Reparto analisi criminologiche del Racis, il raggruppamento dei carabinieri che si occupa di indagini scientifiche. Senza risultati.

Si arriva così al pomeriggio dello scorso 23 giugno quando lungo il Terdoppio, in territorio di Alagna Lomellina, tre agricoltori segnalano la presenza della parte superiore di un corpo in avanzato stato di decomposizione. Il sospetto è che possa essere quello di Luciana Fantato, rimasto forse ancorato sul fondo del corso d’acqua che in estate vede ridursi la portata. Il cadavere viene trasferito a Pavia per le indagini forensi e soprattutto quelle genetiche, le uniche in grado di fugare ogni dubbio.  Il responso , atteso per mesi, è arrivato nella giornata di ieri: nel primo pomeriggio il marito e la figlia di Luciana Fantato sono stati convocati nella caserma dei carabinieri di Gambolò, la stessa nella quale l’uomo si era presentato per denunciare la scomparsa della moglie, dove hanno ricevuto la terribile notizia.