"L’età anagrafica non aiuta Occorre una riqualificazione"

Nell’analisi anche il ruolo dei Centri per l’impiego a confronto con i servizi di altri paesi europei

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Cento pagine per un anno di lavoro. La fotografia del mercato del lavoro in provincia è estremamente dettagliata e mette in luce come la crisi economica e il Covid abbiano acuito le differenze tra chi è più tutelato e chi lo è meno. "Chi aveva un contratto a termine e le donne – ha spiegato il professor Emanuele Forlani, del dipartimento di Scienze politiche e sociali – in molti casi sono usciti dal mercato non sappiamo per quale motivo. Potrebbero averlo fatto perché l’azienda ha chiuso o perché, soprattutto nel caso della forza lavoro femminile, faticavano a gestire il lavoro di cura e lo smartworking. Comunque paradossalmente non risultano tra i disoccupati perché non cercano una nuova occupazione".

I giovani di età compresa tra i 15 e i 29 anni rappresentano la fascia di popolazione meno attiva nel mercato del lavoro, con il tasso di disoccupazione più alto e la più bassa percentuale di lavoratori full time e con contratti a tempo indeterminato. Per quello che riguarda i lavoratori nella fascia di età oltre i 50 anni e fino a 65, hanno un tasso di disoccupazione minore rispetto agli altri gruppi di lavoratori ma hanno anche il secondo più basso livello di partecipazione al mercato perché se perdono il posto, faticano a ritrovarlo.

"Purtroppo l’età anagrafica non li aiuta – ha aggiunto Forlani –, ma hanno dalla loro l’esperienza e potrebbero essere riqualificati. Nelle intenzioni del legislatore i centri per l’impiego dovrebbero fare anche questo, occupandosi di formazione".

Ma per farlo occorre il personale. Attualmente in Lombardia ogni operatore segue mediamente 231 utenti contro i 55 dei colleghi francesi, i 30 dei tedeschi e i 16 del Regno Unito.

Secondo i ricercatori che per un anno hanno lavorato alla stesura del rapporto giudicando “dinamica“ la situazione pavese, i centri per l’impiego dovrebbero adottare software specifici, come nel caso tedesco, con conseguente acquisizione di competenze informatiche da parte degli operatori e introdurre nella profilazione degli utenti una valutazione delle soft skills. "Queste competenze trasversali sono sempre più richieste nel mercato del lavoro, soprattutto ai lavoratori più giovani" ha concluso Forlani.M.M.