Gomorra in Lomellina, il boss Peragine ci ricasca

Vigevano, ottiene i domiciliari e contatta immediatamente pregiudicati

Operazione Cave canem

Operazione Cave canem

Vigevano, 15 dicembre 2016 - È rimasto agli arresti domiciliari meno di una settimana. Poi per Jonathan Peragine, 30 anni, uno degli esponenti di spicco dell’organizzazione criminale che i carabinieri hanno stroncato all’inizio di luglio e del quale l’uomo, pregiudicato, è considerato uno degli esponenti di spicco, si sono riaperte le porte del carcere. I carabinieri lo avevano accompagnato ai domiciliari nella serata del 1 dicembre, nella prima mattinata di giovedì gli hanno notificato la revoca del beneficio e lo hanno accompagnato nel carcere milanese di San Vittore. Secondo gli elementi raccolti dai carabinieri, che non hanno mai smesso di tenerlo sotto controllo, Peragine avrebbe riallacciato in poche ore una serie di contatti con persone pregiudicate e in qualche caso con altre implicate nella stessa inchiesta per la quale era stato arrestato la prima volta. Non solo. Appena pochi minuti dopo essere tornato a casa aveva postato una fotografia su Facebook. La decisione di concedergli il beneficio degli arresti domiciliari era arrivata a seguito dell’istanza dell’avvocato Rosemary Patrizi, che aveva segnalato al giudice il fatto che le condizioni di salute di Peragine, affetto da un problema respiratorio cronico, non sarebbero state compatibile con il regime detentivo.

Un quadro che il giudice ha considerato affrontabile anche in carcere, per questo si è indirizzato Peragine nel carcere di Milano che dispone di un reparto attrezzato. Il Gip, oltre ad avere riconosciuto l’estrema pericolosità del soggetto, lo ha ritenuto non in grado di rispettare le regole imposte dalla detenzione domiciliare e per questo ne ha disposto la carcerazione. La maxi operazione dei carabinieri di Vigevano era scattata all’alba del 7 luglio con un imponente spiegamento di forze e aveva portato all’arresto di 24 persone e alla denuncia di altre 56. L’organizzazione, composta da lomellini, stava cercando di radicarsi nel territorio: i suoi componenti stavano lavorando per passare da semplici malavitosi a boss di rango. Tutti i coinvolti devono rispondere a vario titolo di associazione a delinquere finalizzata al traffico di armi, estorsione, rapina, incendi, danneggiamenti e spaccio.