Ex Fibronit, l’amianto torna a fare paura

Con il maxi sequestro dell’area i bronesi s’interrogano sulla bontà della bonifica che la Procura boccia come "irregolare"

Migration

di Stefano Zanette

Un incubo che sembra non finire mai. La lunga scia di morte per l’amianto a Broni proseguirà almeno per altri 12 anni, si sa. Ma dal febbraio 2021, con la conclusione del secondo lotto della bonifica dell’ex Fibronit, era stata festeggiata la rimozione di tutto l’Eternit come la fine dell’incubo. Il sequestro dell’area di ieri mattina, con la Procura che ipotizza irregolarità proprio nel secondo lotto dei lavori di bonifica, porta all’inevitabile timore che quella scia di morti possa proseguire ancor più a lungo del previsto. In occasione del sopralluogo al termine di quella fase della bonifica, il 3 febbraio 2021 alla presenza del sindaco Antonio Riviezzi, il direttore del Dipartimento igiene e prevenzione sanitaria e responsabile dell’Uoc Salute e Ambiente e Progetti innovativi di Ats Pavia Ennio Cadum aveva fatto dei calcoli basati sulla chiusura della fabbrica nel 1994, con un tempo di latenza che arriva fino a 40 anni.

"Il picco di mortalità – spiegava Cadum – è stato calcolato tra il 2020 e il 2025. Poi calerà, ma l’incidenza proseguirà fino almeno al 2034 solo per quello che era avvenuto dentro la fabbrica". Anche dopo la fine della produzione, le fibre di amianto hanno continuato a disperdersi. "Abbiamo comparato studi sulla mortalità per gli anni dal 1980 al 2015 e sull’incidenza delle malattie tra il 1990 e il 2012 – spiegava sempre Cadum – e il rischio a Broni è risultato moltiplicato di 22 volte. Con una media di 46 morti all’anno".

Con l’inizio della bonifica, i pericoli avevano iniziato a ridursi. Ma ora le ipotesi della Guardia di finanza, con il sequestro probatorio dell’area eseguito ieri mattina, lasciano pesanti dubbi sull’efficacia di tale bonifica che peraltro non è ancora finita, in attesa che venga tutto abbattuto col terzo e ultimo lotto dei lavori, già finanziato per 17 milioni. Nel primo lotto, iniziato nel 2007, i capannoni erano stati impacchettati. Poi, con il secondo lotto, tutto l’amianto era stato rimosso. Restano solo gli scheletri dei capannoni, che si presentano cosparsi di speciali vernici che impediscono la dispersione di fibre residue: vernice azzurra sul cemento dei pavimenti, sia interni sia esterni, vernice rossa sui pilastri e sulle pareti.

Ma se durante i lavori del secondo lotto della bonifica ci sono state le violazioni ipotizzate dalla Procura, non solo frodando i soldi stanziati ma persino violando le prescrizioni con ulteriore contaminazione ambientale, quali saranno le conseguenze per i bronesi? Un interrogativo cui si potrà rispondere dopo gli accertamenti tecnici per i quali la Procura ha sequestrato l’area.