Danni al paziente, non è reato. Dentista salvato...dall’alcol

Pavia, rovina una bocca. Ma era depresso: assolto

Alcolismo

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Pavia, 7 giugno 2017 - Una bocca rovinata, perché il dentista nel periodo dell’operazione era depresso e dipendente dall’alcol. Da quell’accusa, il medico è stato ora assolto dal Tribunale di Pavia in quanto il fatto è stato commesso «da persona non imputabile per vizio totale di mente al momento del fatto», si legge nei motivi della decisione. L’imputato, italiano di 64 anni, era medico in un centro dentistico della provincia di Pavia dove ricopriva anche l’incarico di direttore sanitario. È finito alla sbarra per il reato di lesioni colpose aggravate.

Secondo le accuse, nel maggio 2012 aveva svolto su un paziente alcuni trattamenti odontoiatrici di estrazione e reimpianto, mal riusciti per «negligenza, imprudenza, imperizia», recita il capo di imputazione. Al paziente, parte offesa nel procedimento, era anche stato trovato un frammento metallico che per l’accusa era «probabilmente derivante dalla rottura di uno strumento odontoiatrico». In seguito a queste operazioni sbagliate, al paziente era stato riscontrato come da referto un «indebolimento permanente dell’organo della masticazione e una malattia della durata superiore ai quaranta giorni».

Il dentista indagato soffriva di una patologia psichiatrica e dell’abuso di alcol, a causa dei quali aveva già avuto problemi con la giustizia. In passato è infatti stato assolto in un procedimento per presunti maltrattamenti nei confronti della ex moglie, dalla quale si era separato. E proprio durante la causa di separazione, era stata chiesta una perizia dal Tribunale di Voghera, all’epoca dei fatti ancora in funzione, con la quale il dentista era stato giudicato idoneo a svolgere la sua attività lavorativa, nonostante il suo disturbo. Poteva quindi operare e visitare i pazienti, cosa che ha fatto.

Nell'aprile 2015, durante il processo per le lesioni inflitte al paziente, la difesa dell’odontoiatra aveva prodotto documentazione medica sulle sue condizioni psicofisiche, in particolare una relazione del personale di una comunità che lo aveva ospitato. Il giudice ha quindi nominato un perito che verificasse la situazione dell’imputato. L’esperto ha stabilito che il dentista al momento dell’operazione non era capace di intendere di volere, sottolineando che proprio in quel periodo si era verificato «l’aggravarsi della depressione innestata su un disturbo della personalità e su una dipendenza acuta dall’alcol che sfiorava il vero e proprio stato di intossicazione», viene riportato nelle carte. Un quadro clinico che escludeva secondo il perito la possibilità di rappresentazione del reale da parte del dentista, che per la gravità della sua situazione era anche stato affidato a un amministratore di sostegno. Il Tribunale di Pavia ha quindi riconosciuto il suo vizio totale di mente e lo ha assolto dalle accuse.