Coronavirus, lo studio: boom di arresti cardiaci fuori dagli ospedali

I casi nelle aree più colpite crescono del 50 per cento

Enrico Baldi, cardiologo al San Matteo e ricercatore all’Università di Pavia

Enrico Baldi, cardiologo al San Matteo e ricercatore all’Università di Pavia

Pavia, 1 maggio 2020 - In epoca Covid sono aumentati di oltre il 50% gli arresti cardiaci extraospedalieri. Sono 362 i casi che si sono verificati al di fuori dell’ospedale in una vasta area della Lombardia durante le prime settimane dell’emergenza, contro i 229 del 2019. È quanto emerge da uno studio pubblicato su una delle riviste mediche più prestigiose al mondo, “The new England Journal of Medicin", che ha come primo firmatario Enrico Baldi cardiologo del San Matteo e ricercatore dell’Università di Pavia, ed è stata curata anche dal direttore della cardiologia Luigi Oltrona Visconti e dal cardiologo del San Matteo nonché principal investigator Registro degli arresti cardiaci extraospedalieri della Regione, Simone Savastano. 

In Regione Lombardia, infatti, da cinque anni, esiste un Registro degli arresti cardiaci (LombardiaCARe). Lo studio parte da qui, con un’analisi dei dati relativi alla zona sud: Pavia, Lodi, Cremona e Mantova. In particolare, sono stati confrontati gli arresti cardiaci extraospedalieri avvenuti nelle quattro province durante i primi 40 giorni dell’epidemia di Covid 19 (dal 21 febbraio al 31 marzo 2020) con quelli che si sono verificati durante lo stesso periodo dell’anno precedente. Gli aumenti di arresti cardiaci sono considerevoli: 58% in più per tutto il territorio analizzato, ancora più drammatico per le zone più colpite dalla pandemia, ovvero Lodi (+187%) e Cremona (+143%). "Professionalmente è una grande soddisfazione, pubblicare sulla rivista medica più prestigiosa del mondo – dice Enrico Baldi –. Ma sono risultati incredibili, che preoccupano".

"I numeri sono impressionanti – aggiunge Simone Savastano –. Abbiamo scoperto che c’è stato un aumento in tutto il territorio analizzato e questo può essere dovuto a molte cause. Tuttavia, secondo noi, il Covid 19 gioca un ruolo importante perché da una sotto analisi dei dati è emerso che circa il 70% delle persone colpite da arresto cardiaco, nei giorni precedenti, aveva manifestato sintomi sospetti, come febbre, tosse, dispnea, o aveva già una diagnosi". Centotré pazienti che hanno subito un arresto nel 2020 (che rappresentano il 77% della differenza dei due anni) avevano sintomi sospetti per Covid 19 o una diagnosi di Covid già eseguita. "Molte possono essere le cause – commenta Luigi Oltrona Visconti, direttore cardiologia del San Matteo –; probabilmente è l’espressione anche del fatto che tante persone a casa hanno sottovalutato i sintomi e ritardato la chiamata ai soccorsi". Secondo Alessandra Paolo, coautrice del lavoro e responsabile del 118 della provincia di Pavia "i cittadini non devono temere di attivare i soccorsi. Il sistema di emergenza territoriale, nonostante il considerevole aumento di chiamate e di casi di arresto cardiaco, ha risposto adeguatamente". 

La raccolta dati sistematica sugli arresti cardiaci, però, non è partita per il Covid anche se si è rivelata utile in questo momento. "Abbiamo voluto redigere questo studio per aiutare tutti i paesi che si stanno confrontando con l’epidemia, condividendo un’analisi di dati reali – conclude Simone Savastano–. È la rivista più prestigiosa in campo medico ed è sicuramente il giusto riconoscimento per tutti coloro che contribuiscono alla raccolta di questi dati come Areu, Asst di Cremona, Asst di Lodi, Asst di Mantova e Università di Pavia".