Pavia, i titolari dei locali: "ll coprifuoco? Almeno a mezzanotte"

Sconforto in pieno centro: si creeranno assembramenti per andare via tutti insieme

Fabrizio Moroni titolare del bar Civico dodici in piazza vittoria

Fabrizio Moroni titolare del bar Civico dodici in piazza vittoria

Pavia - Poco entusiasmo e tanti dubbi. In attesa della riapertura dei ristoranti a pranzo e a cena purché abbiano spazi all’aperto, tra i ristoratori c’è chi prepara il proprio dehor incaricando una ditta specializzata della sanificazione e chi ha molti timori. "Un anno fa eravano chiusi - ha detto Fabrizio Moroni, titolare del Civico 12 di piazza della Vittoria -, adesso ho l’opportunità di aprire e di far lavorare i miei dipendenti. Spero che presto il governo, anche grazie ai vaccini, conceda ulteriori deroghe per aprire fino a mezzanotte o l’una in modo da recuperare una certa normalità. Guadagnare un’ora o due a noi esercenti darebbe la possibilità di accogliere un maggior numero di clienti da servire stando seduti ed eviterebbe che i ragazzi organizzino feste in casa senza controlli". Un altro timore è per quello che potrebbe accadere alle 22, quando scatterà il coprifuoco.

"È già successo a ottobre - ha aggiunto Sam Kabauter de L’ombra de vin -, pochi minuti prima del coprifuoco, tutti i clienti si alzavano contemporaneamente e si creavano assembramenti. Se l’orario fosse più lungo, ci sarebbe un rientro scaglionato. Per il resto si organizzano, invece di venire a fare l’aperitivo alle 19, arrivano alle 17". "L’importante è aprire e lavorare" ha fatto notare la titolare del Portichetto, mentre Marianna Pezzuto del bar First avrebbe preferito che il coprifuoco scattasse a mezzanotte: "La gente avrebbe il tempo di mangiare tranquilla e tornare a casa - ha sottolineato -. Credo che ci sia la voglia d’uscire e che avremo dei clienti perché c’è tanta voglia di normalità". Proprio ieri in Comune il sindaco Fabrizio Fracassi ha incontrato titolari di bar e ristoratori per parlare di riapertura. Da parte dell’amministrazione c’è il desiderio di far lavorare il maggior numero di locali concedendo spazi esterni anche a costo di chiudere tratti di strade.

"I miei clienti vorrebbero venire a trovarmi - ha concluso Stefano Acerbi del ristorante Vita -, ma se pioverà mi chiederanno un posto al chiuso. Per aprire il ristorante ho bisogno di personale che devo pagare e di prodotti da acquistare oltre alle preparazione che non si fanno da un momento all’altro perché è uscito il sole. Forse sarebbe stato meglio aspettare un po’ e farci ripartire con meno limitazioni. Anche se non credo che i ristoranti siano fonte di contagio: a giugno eravamo aperti e i contagi erano bassi, a settembre si sono riaperte le scuole e sono schizzati".