Pavia, il giudice sbaglia: resi i soldi al "caporale"

Annullato il sequestro dei beni da 15 milioni al re delle coop. «Ricorso in ritardo, colpa delle ferie»

La logistica era  il settore in cui operavano le diverse cooperative gestite dall’uomo ritenuto il dominus

La logistica era il settore in cui operavano le diverse cooperative gestite dall’uomo ritenuto il dominus

Pavia, 8 gennaio 2019 - La giustizia va troppo lenta e i quindici milioni di beni sequestrati ai caporali delle cooperative tornano nelle tasche di chi se li era visti sottrarre. Con buona pace delle parti lese e delle speranze di chi puntava ad avere un risarcimento che non restasse solo sulla carta. Il pasticcio al tribunale di Pavia costa caro: tutta colpa della data di fissazione di un’udienza, oltre la scadenza dei termini di validità del provvedimento. L’inchiesta Negotium a luglio 2018 aveva provocato un terremoto nel mondo delle coop in Oltrepò Pavese, ma la Corte di Cassazione ha dichiarato nullo il sequestro preventivo dei beni nei confronti di Giancarlo Bolondi, 62 anni, imprenditore della Premium Net, considerato il boss del malaffare a Stradella.

Tutto succede perché il Riesame aveva fissato troppo tardi l’udienza per esprimersi sul ricorso avanzato dall’imputato contro l’atto che metteva i sigilli ai suoi beni: il giorno scelto era semplicemente oltre il termine previsto, fissato in dieci giorni. I magistrati ritenevano che valesse una sospensione per il periodo di ferie, per tutto il mese di agosto. Un periodo in cui gli atti e il conteggio dei giorni vengono congelati. Peccato che la sospensione non valga nel caso di Bolondi, che - come scrive la Cassazione – era «indagato per dei reati tributari, ma che sono stati commessi nell’ambito di un’associazione per delinquere in relazione alla quale gli si contesta, peraltro, il ruolo di promotore».

L’ordinanza del Gip di Pavia che conteneva il decreto di sequestro era scattata il 20 luglio 2018. La Guardia di finanza, coordinata dalla Procura di Pavia, aveva portato alla luce un’associazione per delinquere dedita allo sfruttamento dei lavoratori in stato di bisogno e alla frode fiscale, culminata con l’arresto di dodici persone legate a quaranta cooperative che lavoravano in una nota logistica di Stradella, in provincia di Pavia, estranea alle contestazioni. Uno dei personaggi chiave della vicenda è proprio Bolondi, definito testualmente nelle carte dell’inchiesta come il «dominus», dell’organizzazione. Il Gip di Pavia, nel provvedimento, aveva disposto anche il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di beni per 14.803.842 euro. Contro questo provvedimento, Bolondi il 7 agosto aveva presentato istanza al Tribunale di Pavia, che ha operato in funzione di tribunale del riesame, che aveva rigettato il ricorso il 6 settembre, depositando l’atto il 10 settembre. Non entro i limiti di legge. Bolondi e i suoi difensori si sono quindi rivolti infatti alla Corte di Cassazione perché, come si legge nella sentenza «il procedimento attiene a ipotesi di criminalità organizzata e non andava, pertanto, applicata la sospensione feriale dei termini».

La suprema corte ha citato nella sua sentenza un preciso articolo di legge, il numero 2 della legge 742 del 1969, che stabilisce come «la sospensione dei termini delle indagini preliminari non opera nei procedimenti per reati di criminalità organizzata», evidenziando che ciò riguarda anche «le procedure incidentali aventi ad oggetto misure cautelari reali», quale appunto è il sequestro preventivo. Si sa, la legge non ammette ignoranza. Anche se a sbagliare è un magistrato.