Caso Eitan, la ricostruzione: "Un piano ordito da giorni, rapito con metodi militari"

La Procura di Pavia ha ricostruito nei dettagli la sottrazione del piccolo. Il gip chiede il carcere per il nonno materno e l’autista privato

Il procuratore aggiunto Mario Venditti coordina l’indagine della polizia di Stato

Il procuratore aggiunto Mario Venditti coordina l’indagine della polizia di Stato

Pavia - Due mesi dopo il rapimento di Eitan Biran, l’unico sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Pavia Pasquale Villani ha emesso due ordinanze di custodia cautelare in carcere a carico del nonno materno del piccolo Shmuel Peleg e di Abutbul Gabriel Alon.

I due cittadini israeliani sono accusati, insieme alla nonna Esther Cohen, di sequestro di persona, sottrazione e trattenimento di minore all’estero e inosservanza dolosa di provvedimento del giudice in base al quale il bambino ero stato affidato alla zia paterna Aya Biran. Le misure cautelari sono state emesse a conclusione di una meticolosa e complessa attività d’indagine coordinata dal procuratore aggiunto della Procura della Repubblica Mario Venditti e dal sostituto Valentina De Stefano, svolta in ogni fase dalla Squadra mobile della Questura di Pavia. Sono stati ricostruiti tutti i passi compiuti da Shmuel in quell’11 settembre, quando Eitan è uscito dalla villetta della zia Aya a Travacò Siccomario per una visita concordata con il nonno ed è stato condotto in Israele dal 58enne Shmuel e da un connazionale 50enne residente a Cipro.

I due con il bambino hanno varcato il confine elvetico a bordo di un’auto noleggiata da Peleg per giungere all’aeroporto di Lugano-Agno, da dove si sono imbarcati su un volo privato, noleggiato da una compagnia tedesca di charter al costo di 42mila euro da Alon con destinazione Tel Aviv. "Eitan è stato rapito con un piano preordinato organizzato da giorni", sottolinea il dottor Venditti. Gli investigatori hanno riscostruito in dettaglio la pianificazione del reato da parte degli indagati, con un passato di appartenenza militare, che si muovevano in modo ombroso sul territorio italiano usando più auto a noleggio e comunicando tra loro con utenze telefoniche estere. In particolare è stato accertato che i nonni materni avevano maturato nel tempo un sentimento di ostilità nei confronti della zia paterna perché contrariati dalla decisione assunta dal giudice tutelare di affidarle il nipote. Secondo loro invece il nipote doveva essere affidato alla famiglia materna e trasferito definitivamente nel suo Paese.

In questa ricostruzione si inserisce il coinvolgimento del connazionale Abutbul Alon, che apparterrebbe alla compagnia militare privata Blackwater e sarebbe stato assunto dai nonni materni per assisterli e aiutarli nel loro progetto di trasferimento del piccolo Eitan in Israele. A ulteriore conferma della pianificazione del sequestro, ci sono i numerosi viaggi in Svizzera effettuati nelle giornate immediatamente precedenti l’11 settembre per definire le fasi finali del progetto criminoso. Non solo, una cittadina israeliana da parecchi anni residente in Italia, ha testimoniato di essere stata contattata telefonicamente a luglio per conto della nonna, con la proposta di aiutarla a portare il bambino in Israele in cambio di una cospicua ricompensa in denaro.

E proprio oggi a Tel Aviv è in discussione l’appello presentato da Shmuel Peleg contro la sentenza della giudice Iris Ilot ovich Segal che nella prima decisione aveva disposto il rientro in Italia del piccolo Eitan."Aspettiamo la risposta delle autorità israeliane sul mandato d’arresto internazionale e poi procederemo con la chiusura indagini e con la richiesta di processo", sottolinea Venditti. Ma l’avvocato di Peleg, Paolo Sevesi, contro il mandato di cattura ha già depositato ricorso al Tribunale del Riesame di Milano.