Pavia, 15 novembre 2013 - Lo aveva annunciato su Facebook, attraverso un terribile conto alla rovescia, e ieri mattina ha messo in atto il suo proposito. Quando l’ufficiale giudiziario si è presentato in via Lambri dove vive, lo scultore Stefano Bianco si è tagliato un orecchio. Accompagnato al San Matteo con la parte del corpo in un sacchetto, l’artista è stato portato in Otorino dove la dottoressa Elena Marzi gliel’ha riattaccata. A causa di una necrosi già presente per una precedente ischemia, la prognosi per il 66enne è di 15 giorni. Al momento Bianco si trova ricoverato in Psichiatria. Intanto si vanno a cercare le ragioni del gesto autolesionistico. Secondo alcuni «non è il gesto disperato di un uomo spinto al limite, ma body art, ovvero il consapevole uso da parte di un artista del proprio corpo come strumento di espressione e di lotta contro un sistema di cui siamo tutti vittime». Stefano Bianco, che da trent’anni realizza famose sculture, si sente infatti un perseguitato.

La storia è cominciata quando risiedeva a Zavattarello. «Non mi è stato mai perdonato di aver chiesto informazioni su un appalto», ha scritto Bianco su Facebook pubblicando anche il documento «origine di tutti i miei guai», quello in cui nel 1999 chiedeva se il costo dei capitelli da lui scolpiti corrispondeva al preventivo. Sfrattato dalla via Dal Verme a Zavattarello, si era trasferito a Pavia, ma non aveva mai accettato di prendere la residenza. Formalmente quindi in via Lambri non risultava. Anche la moglie, che per un certo periodo non aveva avuto la residenza, si era vista respingere la domanda presentata con la quale chiedeva di essere inserita nella graduatoria per l’assegnazione delle case popolari, perché non aveva i cinque anni continuativi.

Nel frattempo, secondo Equitalia, Stefano Bianco risulterebbe debitore di 416mila euro e con lo sfratto dall’alloggio di Città Giardino, lo scultore temeva potessero essere in pericolo anche le sue 300 opere d’arte. E quanto accaduto riaccende ancora una volta i riflettori sugli sfratti a Pavia. Un centinaio di famiglie entro la fine dell’anno saranno costrette a lasciare la loro casa e altri provvedimenti (complessivamente sono 490) potrebbero arrivare in seguito. Un’emergenza sociale della quale i consiglieri comunali credono debba farsi carico la Prefettura, attraverso una moratoria degli sfratti, e l’Aler rendendo agibili gli oltre 500 appartamenti oggi sfitti. 

manuela.marziani@ilgiorno.net