Zeme, 16 marzo 2013 - A pochi mesi dalle celebrazioni per il cinquantesimo anniversario della morte di Enrico Mattei, Renzo Bertazzo ha deciso di raccontare quanto ha visto in quel 27 ottobre 1962.
«Quel giorno, qualche ora dopo quelle piogge autunnali di breve durata, ero con mio padre nel cortile di casa — racconta il 78enne, ancora oggi coordinatore dell’Associazione partigiani cristiani —. Per un agricoltore c’è sempre qualcosa da fare, anche attorno alle 18. Poco dopo era uscito il sole e mio padre mi disse: “Renzo, guarda quell’aereo, sembra d’argento”. Da casa nostra sembrava volasse sopra San Martino Siccomario o Pavia, in direzione di Milano. All’improvviso, però, l’aereo si trasformò in una palla di fuoco e cadde velocemente a suolo in una specie di picchiata. Si trattò di pochi minuti».

Lei che cosa pensò?

"Che si era trattato di una bomba. Ho fatto il militare, so che cosa succede quando scoppia una bomba".

Che cosa fece allora?

"Chiamai immediatamente il maresciallo dei carabinieri per avvisarlo dell’accaduto. Allora i carabinieri erano sempre al servizio dei cittadini. Mi rispose il maresciallo Giovanni Gullo, il quale dopo avermi ringraziato, mi assicurò che sarebbero corsi sul posto, lì dov’era precipitato l’aereo in fiamme. Comunque annotò sulla sua agenda il contenuto della mia telefonata. Successivamente quel maresciallo è stato trasferito a Torino, all’Ispettorato del lavoro".

E lei non venne mai chiamato a testimoniare?

"No, mai. Non ho mai potuto raccontare quanto vidi a un giudice"

Adesso lo farebbe?

"Certo, perché no? Ripeterei a un giudice le stesse cose che sto raccontando a lei. Ho una memoria fantastica, ricordo perfettamente tutto ciò che vidi quel 27 ottobre. Dopo aver letto il bellissimo libro di Raffaele Morini (scrittore pavese, ex partigiano e collaboratore di Mattei, ndr) con la dichiarazione del maresciallo Pelosi di Landriano e le tante testimonianze rese al tribunale di Pavia, da italiano, sento il dovere di dire a certe persone indegne di avere rispetto per Mattei, che la stampa estera a suo tempo ha definito l’uomo più potente del mondo".

Lei ha avuto modo di conoscerlo?

"No, non l’ho mai incontrato personalmente. Ho conosciuto solo i suoi collaboratori, ma so che se ci fosse ancora qui il grande Enrico Mattei, l’Italia non sarebbe certamente in queste condizioni".

Perché ha deciso di portare la sua testimonianza solo a cinquant’anni di distanza dalla tragedia?

"Credevo che quanto avevo detto al maresciallo dei carabinieri bastasse. Invece, vedo che ci sono ancora persone che parlando a vanvera, raccontano che l’aereo dell’ingegner Mattei è precipitato integro per un temporale. Vergogna! È ora di tappare la bocca a certe persone. Quella è stata un’uccisione per specularci sopra".

Vorrebbe che si facesse finalmente chiarezza su quel 27 ottobre?

"Sì, è ora che si sappia la verità. Di fandonie ne sono state raccontate troppe...".

manuela.marziani@ilgiorno.net