Pavia, 29 novembre 2011 - Alberto Stasi è colpevole dell'omicidio di Chiara Poggi, uccisa il 13 agosto 2007 nella sua casa di Garlasco. Ne è convinta l'accusa che all'udienza in appello che vede imputato l'ex fidanzato della ragazza ha chiesto 30 anni di carcere per omicidio.

Settimana scorsa il sostituto procuratore generale di Milano, Laura Barbaini, ha depositato alla seconda corte d'Assise una memoria di oltre 50 pagine per convincere della colpevolezza di Stasi, assolto in primo grado.

Una "serrata triangolazione di comunicazioni e messaggi" tra Alberto Stasi e due dei suoi amici che era cominciata l’11 agosto 2007 e si era conclusa "nelle prime ore della mattinata" di due giorni dopo, data della morte di Chiara Poggi, è il segnale che "qualcosa di grave è sicuramente successo (...) qualcosa che non possiamo precisare perchè i protagonisti non ce la spiegano".

Il pg nella sua ricostruzione ha spiegato per iscritto ai giudici: "Non abbiamo il movente, comunque ricostruibile, ma abbiamo elementi convergenti per ritenere che una qualche emergenza e qualcosa di grave è sicuramente successo tra il 12/8 2007 e il 13/8 2007" facendo riferimento a un intreccio di sms e conversazioni tra l’ex studente bocconiano e Marco Panzarasa e Simone Piazzon, due dei suoi amici che in quei giorni si trovavano al mare in Liguria per trascorrere un periodo di vacanza.

 

LA RABBIA E L'ODIO - Ma non finisce qui. Secondo il sostituto procuratore generale "l’autore del fatto, Alberto Stasi, non solo ha colpito al capo più volte e con forza Chiara, sfondandole il cranio, ma non si è accontentato e ha commesso un ulteriore gesto: ha gettato il corpo ormai inerte giù dalle scale della cantina".

Gesto che per la pubblica accusa significa "il massimo dispregio, il volersi disfare ad ogni costo con rabbia e con stizza di Chiara, senza alcun momento di pietas".

 

L'ARMA DEL DELITTO - "Poichè non è sparito alcuno degli oggetti di casa Poggi, è ragionevole ritenere che l’assassino può avere portato l’arma del delitto con sè. Poichè l’arma del delitto non è presente sulla scena del crimine, posto che nulla risulta mancante, è quindi stata portata da fuori".

Secondo il pg Barbaini la chiave del mistero del delitto di Garlasco - cioè la mancanza dell'arma del delitto - è risolvibile con la teoria che l'assassino abbia portato l'arma con sè, prevedendo il delitto. Un delitto che, secondo l'accusa, è stato compiuto tra le 9.12 e le 9.35. Un lasso di tempo che avrebbe permesso a Stasi di uccidere la sua fidanzata.