Long Covid: quando il virus passa ma i sintomi restano per mesi

Dolori muscolari e articolari, affaticamento, fiato corto, difficoltà di concentrazione e perdita di memoria: secondo uno studio dell'ospedale di Bergamo oltre metà dei pazienti non torna come prima. Più colpite le donne

Long Covid

Long Covid

Bergamo -  Come reduci. Sopravvissuti alla battaglia contro un nemico invisibile, che ha lasciato segni indelebili a livello fisico, neurologico e non di rado psichiatrico. Almeno metà dei malati Covid non guarisce con la negativizzazione del tampone e il successivo ritorno alla vita normale. A distanza di un paio di mesi e fino a 120 giorni, una persona su due accusa ancora sintomi, come dolori muscolari e articolari, affaticamento, "fame d'aria",  difficoltà di concentrazione e di attenzione, perdita di memoria. Una minima parte è incapace di svolgere le normali attività e di lavorare, in pochi hanno perso l’indipendenza o addirittura non sono più autosufficienti. E' quanto emerge dallo studio clinico “Surviving Covid-19 in Bergamo Province: a post-acute outpatient re-evaluation”, condotto dall'ospedale Papa Giovanni XXIII e pubblicato su Epidemiology & Infection.

Il campione 

Lo studio sugli effetti della Long Covid o sindrome post Covid (termine utilizzato dall'Oms) è basato su un campione di 1.562 pazienti che si sono ammalati tra febbraio e agosto 2020, durante la prima ondata epidemica e sono stati sottoposti a controllo di follow-up tra maggio e ottobre. La pubblicazione riguarda i primi 767 pazienti, da 20 a 92 anni, che al 31 luglio avevano completato la valutazione post-dimissione. Di questi 252 sono donne (il 32,9%), l'età media complessiva è di 63 anni.

Tampone negativo ma restano i sintomi

Marco Rizzi
Marco Rizzi

Il trauma

Potrebbe trattarsi di una sindrome post traumatica più che di sintomi perduranti nel tempo? "Da quello che è emerso dai nostri accertamenti ed esami - spiega Rizzi - tenderei ad escluderlo. I sintomi neurologici sono più difficili da oggettivare ma restano comunque legati al vissuto del paziente e non necessariamente correlati alla gravità del quadro clinico".

Le cure post Covid

 A distanza di mesi dalla guarigione, secondo lo studio del Papa Giovanni, quasi un paziente su 4 (il 24,2%) prende ancora i farmaci introdotti durante il ricovero, tra i più frequenti gli anticoagulanti. Le prove di funzionalità respiratoria sono risultate patologiche nel 19% dei casi e quasi metà dei guariti ha seguito percorsi specialistici di cura in medicina respiratoria (36,6%), cardiologia (8,2%), medicina fisica e riabilitazione (8%) e neurologia (6,8%). Secondo quanto emerge dallo studio, il 32,9% dei pazienti ha avuto ulteriori complicanze correlate a SARS-CoV-2 durante la fase acuta del ricovero, per l'8,7% di tipo psichiatrico o psicologico, per l'8,5%cardiaco, per il 7,1% polmonare e per il 6,1% trombotico. 

Difficoltà di concentrazione: long Covid "emotivo"?

Dato il numero crescente di pazienti che lamentano difficoltà di concentrazione, da luglio 2020 al Papa Giovanni XXIII è stato introdotto anche lo screening Montreal Cognitive Assessment (MoCa). I risultati però sono stati giudicati patologici solo in 2 casi sui 69 che hanno riferito sintomi. Il dubbio è che difficoltà di concentrazione e attenzione, perdita di memoria, disturbo post-traumatico da stress (Ptsd) possano essere inquadrati in una sorta di Long Covid più emotivo che patologico, ma non per questo meno preoccupante. "I sintomi psicologici - conclude Rizzi - sono i più subdoli e rischiano di essere persistenti nel tempo se non adeguatamente trattati. Non dobbiamo dimenticare cosa ha rappresentato la prima ondata Covid, quando ancora non si sapeva quasi nulla della malattia e i pazienti si ritrovavano in uno stato di solitudine e paura, senza il conforto della famiglia e la certezza dei protocolli di cura".

Task force psicologi per medici e sanitari

Valentina Strappa
Valentina Strappa

Dai disturbi del sonno alla rielaborazione dell'emergenza

Quali traumi o disagi avete riscontrato nei medici e negli operatori sanitari rimasti più a lungo in prima linea nell'emergenza Covid? "Da subito è stata chiara la portata di quello che stava accadendo a Bergamo, così abbiamo organizzato la più grande task force di psicologi ospedalieri e territoriali, oltre una trentina, per supportare gli operatori impegnati nella lotta al Covid - spiega Strappa -. Nella prima fase della pandemia molti si sono ammalati, in tanti avevano difficoltà a dormire, ora invece si rivolgono a noi per rielaborare quanto accaduto e riuscire a sostenere la stanchezza. Oggi più che riparare un danno emotivo causato dal Covid, noi psicologi ci troviamo a riorganizzare le risorse. Medici e personale sanitario hanno dimostrato straordinaria resilienza. Nella prima ondata, il riconoscimento della loro utilità sociale ha rappresentato una leva importante, ma ora sembra tutto cambiato e tra il personale sanitario c'è chi guarda con avvilimento le scene di assembramenti e le esternazioni dei negazionisti". Dopo un anno la gente non li chiama più eroi, ma medici e operatori sanitari (non solo del Papa Giovanni) compiono tutti i giorni quotidiani gesti di eroismo nella lotta al virus.