Monza, 24 aprile 2014 - Ha affrontato tutto da sola il suo primo dibattimento per malamministrazione nei confronti di Massimo Ponzoni e della sua «squadra». Un banco di prova che l’ha vista impegnata a combattere contro una schiera di agguerriti avvocati. E ha vinto. A vederla sembra una ragazzina. Invece è uno dei pm di punta della Procura di Monza. Donata Costa (per l’esattezza all’anagrafe Donata Patricia Costa) ha 42 anni ma non li dimostra affatto. Quello che invece dimostra subito è il suo pugno di ferro. È infatti lei il pm che è riuscita a tenere in carcere per 6 mesi e per altri 5 mesi agli arresti domiciliari Massimo Ponzoni, l’ex assessore lombardo e golden boy del Pdl in Brianza arrestato per concussione, corruzione, finanziamento illecito al partito, bancarotta fraudolenta, peculato e appropriazione indebita e appena condannato a 10 anni e mezzo di reclusione dal Tribunale di Monza. Sua l’inchiesta nata dal fallimento dell’immobiliare «Il Pellicano» di Desio riconducibile a Ponzoni e arrivata fino all’ipotesi di mazzette, consulenze e poltrone in cambio della modifica di terreni nel Piano di Governo del Territorio del Comune di Desio nei confronti di Ponzoni, del faccendiere Filippo Duzioni, dell’ex vicepresidente della Provincia di Monza Antonino Brambilla e dell’ex assessore provinciale Rosario Perri. Nata a Vicenza l’8 maggio del 1971, Donata Costa è entrata in Magistratura il 2 luglio del 1999. Prima di diventare pm si è fatta le ossa nella sua città natale lavorando nello studio legale che si è occupato del caso di Gianfranco Stevanin, il serial killer vicentino ritenuto colpevole dell’omicidio di 6 donne nel 1994. Dopo l’ingresso in Magistratura, Donata Costa è sbarcata alla Procura di Milano, dove ha svolto un uditorato di tutto rispetto accanto al pm Fabio De Pasquale, quello che ha istruito il processo Mills che vedeva imputato anche l’ex premier Silvio Berlusconi.

Il suo primo incarico ufficiale da pm è alla Procura di Monza, da dove Donata Costa non si è più allontanata. A Monza l’arrivo di Donata Costa non è passato inosservato: una bella donna, con un fisico e un volto da ragazzina, ma anche una bella persona, con la sua semplicità, la sua simpatia e la sua disponibilità. Pronta ad accogliere tutti con un sorriso, dopo essere arrivata al lavoro in sella alla sua bici (indimenticabile mentre pedala in centro indossando la mascherina antismog), nel suo ufficio al primo piano del Palazzo di piazza Garibaldi tappezzato dai disegni del figlio che ha adottato qualche anno fa e dalle foto dei suoi viaggi all’estero dove scappa non appena riesce a sottrarre qualche giorno al lavoro in Procura. Nel suo ufficio non manca mai il bollitore dell’acqua sempre in funzione e la tazza mug per il tè o il caffè solubile. Grande la sua esperienza maturata come magistrato in soli 15 anni. L’ultima impresa giudiziaria di Donata Costa è di avere ottenuto dal gip del Tribunale di Monza cinque ordinanze di custodia cautelare in carcere per l’omicidio del «rotamat» milionario Paolo Vivacqua, ucciso nel novembre del 2011 nel suo ufficio di Desio. Dalle indagini dei carabinieri sull’assassinio dell’imprenditore siciliano è partita l’inchiesta sulla corruzione per il Pgt di Carate Brianza. Ora il pm ha chiuso il cerchio dell’inchiesta anche sull’omicidio di Vivacqua ritenendo mandanti la ex moglie e il presunto amante della donna, finiti in carcere con un intermediario che ha assoldato i due presunti sicari, già condannati per avere ucciso la consuocera dell’imprenditore per trovare il suo «tesoretto».

di Stefania Totaro