Monza, 11 febbraio 2014 - Patteggiamento della pena di 3 anni e 2 mesi di reclusione per il papà che picchiava il figlio di tre mesi. Lo ha concordato con il pm titolare delle indagini, Vincenzo Fiorillo, il 35enne monzese che era stato arrestato dagli uomini del Commissariato di polizia di Stato di Monza lo scorso ottobre per lesioni gravi aggravate dal vincolo di parentela. Il patteggiamento è stato accettato dal gup del Tribunale di Monza Giovanni Gerosa. Il padre manesco è ancora detenuto in carcere. L'uomo aveva presentato richiesta di arresti nell'abitazione della madre. Il pm aveva dato parere favorevole, ma anche considerando che il 35enne poteva così tornare al lavoro e dare sostentamento alla sua famiglia, il gip ha ritenuto di non modificare la custodia cautelare in carcere per i gravi fatti contestati. Il 35enne, impiegato, sposato e padre di un altro bambino di tre anni, si era giustificato sostenendo che ultimamente soffriva di esaurimento nervoso. La mamma del piccolo, a cui il neonato è stato nuovamente affidato, non è risultata coinvolta nella vicenda, anche se la situazione familiare è ora stata posta sotto l'attenzione dei servizi sociali e del Tribunale per i minorenni di Milano.

Il neonato era stato portato dai genitori all'ospedale San Gerardo di Monza per una visita il 7 ottobre scorso e i medici, che lo avevano ricoverato, si erano insospettiti notando una lesione alla testa del bambino e alcune contusioni sul resto del corpo. Era scattata la segnalazione alla Procura e il pm Vincenzo Fiorillo aveva affidato le indagini al Commissariato di polizia di Stato monzese diretto dal vicequestore Francesco Scalise. Gli agenti avevano approfittato del fatto che il neonato fosse ricoverato in ospedale per istallare nella stanza delle telecamere nascoste, scoprendo così che il 35enne, a cui era stato permesso dai medici di restare accanto al figlioletto così come la moglie, durante il suo turno di sorveglianza e assistenza al piccolo ha nuovamente percosso il bambino con schiaffi alla testa, al collo e alla schiena. Immagini che avevano portato gli inquirenti a fare scattare le manette.

di Stefania Totaro