Seregno, 9 febbraio 2014 - Si celebra domani in tutta Italia  il "Giorno del ricordo" per gli eccidi perpetrati nelle foibe istriane. Una triste pagina della storia del nostro paese di cui fu testimone oculare  un allora giovane ufficiale dell'esercito italiano, il primo a denunciare questi massacri.

Una testimonianza che Nicola Di Mauro, 102 anni appena compiuti ed una memoria inossidabile, ricorda ancora oggi nitidamente nonostante siano trascorsi ormai oltre sessant'anni da quell'estate del 1941 in cui all'allora capitano medico del 2° Reggimento Fanteria Re era stato ordinato  di effettuare una ricognizione sui cimiteri provvisori onde prevenire l'inquinamento delle acque: «Di fatto - ricorda Di Mauro che risiede a Seregno - si trattava di verificare la fondatezza di voci che circolavano da tempo e che segnalavano la presenza di questi inghiottitoi dove gli ustascia croati, fedeli al generale Ante Pavelic, avevano gettato migliaia e migliaia di serbi che allora costituivano la minoranza etnica. Gli ustascia se la sono presa anche con gli ebrei e con altre minoranze religiose che vivevano in quelle zone. Impiegai diversi mesi per svolgere il mio incarico a Cirquemizza, Segna, Gospio, Perusio, Ostario, Tribaly e sull'isola di Carlopago. Inviai una copia del rapporto e diverse fotografie, che scattai personalmente, al V Corpo d'Armata mentre spedii anche una velina a casa mia. Documenti che ho gelosamente conservato per tutti questi anni".

Nicola Di Mauro trattiene a stento la commozione ricordando quei momenti: "Nelle voragini carsiche sono stati gettati migliaia di persone, uomini e donne. Alcune le abbiamo recuperate assieme ai propri effetti personali. I carnefici non si erano minimamente preoccupati di togliere loro i documenti. Siamo sempre andati pietosamente davanti a queste foibe dove ho visto piangere molti nostri soldati. Mi ricordo anche di una ragazzina che riuscimmo ad estrarre ancora via da un mucchio di cadaveri. Riuscì a sopravvivere nonostante le ferite. Di questo episodio si parla anche in libro scritto da Edmond Paris nel quale compare anche una mia fotografia".

A guerra conclusa nelle foibe sono finiti gli stessi croati, vittime della repressione ordinata dai serbi fedeli al generale Tito. Morti di due ideologie contrapposte che riposano assieme da oltre settant’anni. Nonostante la patina del tempo, la relazione dell'ufficiale medico Di Mauro (insabbiata in qualche archivio del Ministero) rivela ancora oggi raccapriccianti particolari: "...per raggiungere la voragine indicataci da alcuni abitanti del villaggio di Budiack — si evince da una pagina dell'incartamento datato 1 settembre 1941 — abbiamo dovuto percorrere un viottolo impervio. In prossimità della buca abbiamo trovato numerose cartucce di fucili, pezzi di catene, lucchetti, distintivi di impiegati ferroviari, galloni di guardie di finanza jugoslava, decine e decine di portafogli e portamonete vuoti. Alcuni abitanti giurano che in quella fenditura sono finite un centinaio di persone molte delle quali provenienti dal vicino campo di concentramento di Pago. I civili ci raccontano che a diverse riprese nell'anfratto sono state gettati quasi duemila serbi. L'ultimo massacro risale a soli pochi giorni prima. Prepariamo una soluzione di eosina con acqua prelevata da un vicino rigagnolo e la gettiamo nella voragine".

di Gigi Baj