Monza, 15 ottobre 2013 - È stata la villa di delizie dei conti Durini, edificata nel 1776 dall’architetto Giulio Galliori su committenza del cardinale Angelo Maria, che la fece costruire esattamente di fronte a Villa Mirabello, alla quale era collegata da un doppio filare di carpini. Poi diventò il rifugio preferito dei sovrani francesi, regalo del vicerè Eugenio Beauharnais alla moglie Augusta Amalia di Baviera. In tempi più recenti è stata destinata ad ospitare un nuovo museo di botanica: il Comune di Milano aveva stanziato 5 miliardi di vecchie lire per realizzare il progetto, che però si è perso per strada. Oggi Villa Mirabellino, l’unica isola del Demanio dello Stato nel compendio Parco-Villa Reale di Monza, potrebbe diventare di proprietà privata.

Il gioiellino sopravvissuto al passaggio di consegne del complesso monumentale dallo Stato ai Comuni di Monza e Milano (cui è poi subentrata la Regione) è stato infatti inserito nell’elenco dei beni demaniali da vendere. Se l’operazione dovesse riuscire, sarebbe l’unico immobile dei 700 ettari del Parco e della Villa Reale a finire in mano privata. Oggi infatti tutti i beni all’interno dei 12 chilometri delle mura del Parco, dall’Autodromo al Golf fino alle cascine e alle altre ville storiche, sono in mano pubblica, anche se in gran parte gestiti da società e privati. Tutto ciò alla vigilia dell’Expo 2015, evento che dovrebbe incoronare la Versailles monzese, scelta proprio come sede di rappresentanza dell’esposizione universale. Mentre in Villa Reale un centinaio di persone è al lavoro al cantiere dei restauri da 24 milioni di euro, a poche centinaia di metri Villa Mirabellino cade a pezzi.

Per salvarla e per scongiurarne la vendita, è nato ieri un gruppo su Facebook che conta già un centinaio di iscritti. «Salviamo Villa Mirabellino» è il gruppo promosso dal Centro documentazione residenze reali, che ha lanciato l’allarme attraverso la sua pagina sul social network. «È assurdo - dice l’architetto Marina Rosa, presidente del Centro documentazione ed ex funzionario della Soprintendenza ai Beni ambientali e architettonici, per conto della quale ha curato i lavori della Villa Reale -. Questo è l’unico fazzoletto di proprietà demaniale rimasto nel Parco. Non si può pensare che cada in mano a terzi». Marina Rosa è preoccupata, ma non nasconde un’evidenza: «Il Demanio può pensare di vendere Villa Mirabellino perché dentro non c’è più nessuno e perché per il suo futuro non c’è più un progetto». Ma un progetto c’era, ricorda l’esperta, e potrebbe essere rilanciato.

Nel 1996 infatti la Soprintendenza aveva proposto di ospitare nella villa monzese la sezione di Botanica del Museo civico di Storia naturale del Comune di Milano. La proposta venne inserita nel piano degli interventi da realizzare nel biennio 1997-1998 ma non venne attuata per una questione legata alla concessione d’uso. Il Comune di Milano, che sul piatto metteva 5 miliardi, avrebbe voluto una concessione di 99 anni, mentre il Demanio non era disposto ad andare oltre i 19.

Un progetto che potrebbe tornare in auge, salvando il destino del Mirabellino e liberando i magazzini milanesi. In fondo si tratterebbe di riportare a Monza una collezione concepita e realizzata proprio qui dal vicerè Ranieri d’Asburgo, grande conoscitore di botanica, diventata poi nucleo della Siloteca Cormio, una raccolta di legni istituita nel 1935 da Raffaele Cormio e diventata famosa in tutto il mondo. Al Mirabellino sarebbero dovute entrare anche le due robinie intrecciate da Alessandro Manzoni come segno d’amore per la moglie Enrichetta nel giardino della villa di Brusuglio, una gigantesca sequoia di 6 metri di diametro e l’originale raccolta di libretti voluta dall’arciduca Ranieri d’Austria con l’obiettivo di creare un nuovo tipo di erbario e documentare le varie specie selezionate in quell’epoca nell’orto botanico nato in un angolo del Parco.

di Monica Guzzi