Vimercate, 28 giugno 2013 - Fuori dal carcere. Il bidello accusato di pedofilia e arrestato lo scorso febbraio con l’accusa di avere molestato le alunne di una scuola elementare, è tornato nella sua casa di Vimercate, in un appartamento che condivide con la moglie, non lontano dalla stazione degli autobus.

Da circa tre settimane ha ottenuto gli arresti domiciliari in attesa del processo. A conti fatti, l’operatore scolastico su cui pesa l’accusa di violenza sessuale aggravata ha trascorso poco meno di quattro mesi in una cella di via Sanquirico. Mesi in cui sono proseguite le indagini anche attraverso il metodo delle audizioni protette: una decina le bambine ascoltate dagli inquirenti con il supporto di un’equipe di psicologi specialisti. Dieci testimonianze, dieci racconti che sembrerebbero confermare il quadro emerso nelle settimane successive all’arresto.

Ovvero che quell’uomo di 65 anni, di origini sarde, avrebbe palpeggiato nelle parti intime tre bambine tra gli 8 e i 9 anni, appostandosi all’ingresso dei bagni femminili per assicurarsi che nessuno sopraggiungesse dal corridoio. Molestie poi riferite alla maestra da una delle vittime, che aveva trovato il coraggio di descrivere quelle attenzione particolari subite dall’anziano bidello, confortata dalla testimonianza di una compagna di classe.

L’arresto. Poi le polemiche. Perché il presunto pedofilo è recidivo. Nel 1971 finì in carcere per aver violentato una dodicenne all’interno di una chiesa in Calabria. Otto anni fa riuscì a farsi assumere nella scuola elementare vimercatese, scuola di cui volutamente non facciamo il nome per tutelare l’identità delle bambine. Presentò un’autocertificazione fasulla. Mai controllata dall’istituto scolastico, che secondo i sindacati aveva il compito di effettuare le verifiche del casellario giudiziario.

Formalmente il bidello è ancora un dipendente della pubblica amministrazione. «Per eventuali licenziamenti in casi simili si provvede dopo la sentenza definitiva del tribunale», spiega Vincenzo Palumbo, responsabile del settore scuola per la Cgil monzese, il primo a puntare il dito contro la scuola per l’omesso controllo sulla documentazione presentata dal 65enne.
«Alcuni genitori - dice il sindacalista - mi hanno scritto delle lettere lamentando una gestione poco trasparente della vicenda da parte della scuola: in certe situazioni occorre assumersi le proprie responsabilità».