Vimercate, 13 febbraio 2013 - «La scuola doveva controllare. Per legge era tenuta a richiedere il casellario giudiziario al bidello che aveva assunto, ma evidentemente non l’hai mai fatto». Vincenzo Palumbo, segretario del settore scuola della Cgil, ha le idee chiare sulle responsabilità dell’omesso controllo, su chi aveva il compito di verificare i precedenti del bidello-orco, arrestato perché palpeggiava bimbe di 8 e 9 anni nel bagno dell’istituto.

 

Da otto anni lavorava alle elementari come operatore scolastico, dopo aver presentato un’autocertificazione fasulla. Come avesse potuto farla franca per tutto questo tempo, nonostante la fedina penale macchiata dall’abuso sessuale di una dodicenne nel 1971, restava un interrogativo sconvolgente. Anzitutto per i genitori che hanno affidato i propri figli a una scuola, di cui volutamente non facciamo il nome per tutelare le sue alunne, che aveva nel proprio organico un pedofilo recidivo. Nei giorni scorsi il provveditorato agli studi aveva parlato di controlli a campione svolti da alcuni ispettori, impossibilitati però a effettuare un lavoro capillare per mancanza di risorse. Scenario che il sindacalista smentisce con forza.

 

«Non sono previsti interventi di questo tipo. La verità è un’altra: fino al gennaio 2012, ogni persona assunta aveva l’obbligo di presentare alla scuola i cosiddetti documenti di rito, tra cui il casellario giudiziario, nei 30 giorni successivi all’autocertificazione. Una norma che valeva per tutti, dai bidelli agli insegnanti, supplenti compresi», precisa il segretario della Flc Cgil, arrivando dunque a una sola conclusione: «La scuola si è dimenticata di chiedere i certificati al bidello, spettava a lei questa procedura». Una negligenza comunque non imputabile all’attuale direzione scolastica che ha preso in mano la guida del plesso soltanto l’anno scorso, a seguito dell’accorpamento con la scuola media. In ogni caso, in linea teorica, esisterebbe la possibilità di risalire ai dirigenti che non completarono i controlli previsti dalla legge otto anni fa: «Forse non c’è la volontà di andare fino in fondo - aggiunge Palumbo -. Le verifiche sarebbero dovute partire alla firma del contratto».

 

Fuori dalle aule, le mamme sembrano ancora disorientate: «Aspetto di capire come sia stato possibile che questo maniaco abbia agito in maniera indisturbata - spiega una di loro -. Qualcuno deve fornirci spiegazioni». Nello stesso istituto, con la medesima mansione di bidelli, lavorano anche la moglie e il nipote del pedofilo. Tre persone della stessa famiglia nello stesso posto pubblico. Ma questa per il sindacato non è un’anomalia: «È una situazione non infrequente. Chi è inserito nella graduatoria può decidere di prestare servizio dove si libera una posizione».

 

di Marco Dozio