Monza, 19 agosto 2012 - Prima era l’indulto, adesso è il decreto «svuota carceri». Ma la sostanza non cambia. Aspirine. In via Sanquirico servirebbe una terapia d’urto. L’emergenza sovraffollamento è diventata routine. Il ministero della Giustizia lo scrive chiaro che la capienza regolamentare è di 387 detenuti. Forse all’inizio degli anni Novanta, quando la casa circondariale di Monza è stata inaugurata per sostituire il vecchio carcere di via Mentana. Oggi i reclusi sono mediamente oltre 700. Una sessantina sono donne, spesso corrieri della droga bloccate all’aeroporto di Malpensa. Quasi la metà stranieri. Non si riesce più a garantire nemmeno la capienza massima tollerabile di circa 600 detenuti. Ci ha provato la direzione del carcere a chiedere periodici sfollamenti, ma è una causa persa. Un problema amplificato pure dalla sessantina di celle chiuse, inagibili per colpa di infiltrazioni d’acqua.

Qualche intervento tampone è stato fatto, ma per tappare il tetto colabrodo dell’intero istituto serve una copertura finanziaria da Roma che ancora non c’è. Il tetto, ma anche le caldaie d’inverno e l’approvvigionamento d’acqua d’estate. In via Sanquirico i rubinetti vanno a singhiozzo. Il clima, nelle sezioni, è caldo. Ammassati nelle celle spesso i detenuti protestano. Lo hanno fatto almeno in metà con un simbolico sciopero della fame per aderire all’ultima campagna di denuncia di Marco Pannella. C’è chi segue la strada pacifica, ma c’è anche chi alza i toni dello scontro con gli agenti di polizia penitenziaria.
 

«Basta una sciocchezza per innescare la miccia», la constatazione di Domenico Benemia, segretario regionale della Uil penitenziari. Fino a oggi gli agenti hanno subito un paio di aggressioni, prima da un detenuto che pretendeva di fare la doccia prima degli altri, poi da un recluso infuriato perché non c’era acqua. «La civile convivenza può saltare in ogni momento». Soltanto nel 2011 sono state denunciate due aggressioni nei confronti degli agenti a cui però vanno aggiunte i comportamenti di protesta da parte dei detenuti: 11 i tentativi di suicidio, 87 gli atti di autolesionismo e 84 gli scioperi della fame. Si fa il possibile per «distrarre» i detenuti: direzione, agenti, educatori e volontari organizzano numerose attività. Monza è anche uno degli istituti dove gli ospiti lavorano anche per aziende e cooperative esterne. Dagli interventi per il cablaggio delle carrozze della metropolitana alla realizzazione di mobili con la legna del Parco di Monza. E poi i corsi di alfabetizzazione e di italiano per stranieri, le attività di teatro e quelle culturali con la biblioteca grazie al contributo dei Comuni della provincia.
 

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